Ticino: economia a basso valore aggiunto, emigrazione giovanile, salari bassi

Siamo i più poveri della Svizzera. O, se preferite, siamo gli Svizzeri che guadagnano di meno. Forse non è una grande scoperta, penseranno alcuni. Infatti: è un fatto e le cause sono tante, complesse e non affrontabili facilmente. Per risolvere un problema la prima cosa da fare è riconoscerne l’esistenza. Purtroppo, ancora oggi in Ticino c’è chi ha paura di chiamare le cose con il loro nome: economia a basso valore aggiunto, emigrazione giovanile, salari bassi. Parlare di “economia diversificata”, di “poli tecnologici” e di “innovazione” è molto più soddisfacente e presentabile nei salotti buoni. Purtroppo, oggi la nostra realtà, non è questa. Se vogliamo davvero uno sviluppo virtuoso del cantone Ticino dobbiamo, in primis, riconoscerne i problemi, rinunciando alle narrazioni consolatorie ed edificanti, così da poterli affrontare e, magari, risolverli.
Sappiamo che le cause della situazione attuale sono tante. Ragioni storiche e geografiche ci hanno consentito per anni di sfruttare la manodopera di confine a prezzi più bassi. Ma con il passare del tempo questi “vantaggi” sono diventati il nostro principale limite. Il passaggio da un’economia basata sul settore primario (agricoltura) a un’economia finanziaria è avvenuto saltando quasi a piè pari la fase industriale. Questo non ci ha permesso di sviluppare e diffondere appieno una vera cultura imprenditoriale. Un altro tassello negativo è stato la perdita di posti di lavoro nelle ex regie federali, che chiedevano competenze elevate ma offrivano allo stesso tempo salari e condizioni di carriera di livello svizzero.
Per molti anni abbiamo trovato comodi colpevoli per il ritardo ticinese rispetto al resto della Svizzera: la mancanza di qualifiche avanzate, la scarsità di centri di eccellenza, l’assenza dal territorio di accademie e alte scuole. Erano scuse e comunque non tengono più: Università della Svizzera Italiana, SUPSI, Centro di Studi Bancari, Cardiocentro, Centro Svizzero di Calcolo, Istituto Oncologico della Svizzera Italiana, Istituto di Ricerca in Biomedicina… sono solo alcune delle eccellenze del nostro Paese. Anche grazie ad esse i nostri giovani sono ottimamente formati scolasticamente e professionalmente.
Infatti, le aziende, le banche, le assicurazioni del resto della Svizzera accolgono i nostri giovani a braccia aperte; offrono loro salari e condizioni di crescita professionale molto buone. Significa che stiamo fornendo a queste ragazze e ragazzi gli strumenti perché possano avere il futuro che meritano. Ma non basta. Bisogna smettere di nascondere la testa nella sabbia. I nostri problemi hanno nomi precisi: economia a basso valore aggiunto, emigrazione giovanile, salari bassi. E, soprattutto, dobbiamo impegnarci per avere (finalmente!) un piano di sviluppo economico serio, affinché i nostri giovani abbiano un futuro anche qui, nel loro Cantone, senza doversene andare. Perché questo, nel più classico dei circoli viziosi, è un altro, ancora più grave, tipo di impoverimento: un’intera generazione in fuga.

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Un pensiero riguardo “Ticino: economia a basso valore aggiunto, emigrazione giovanile, salari bassi

  1. Giovani che vengono accolti a braccia aperte: la Svizzera è una specialista nello “sfruttare” il lavoro di altri.
    Si veda il settore sanitario: importiamo infermiere/i e medici da mezza Europa, risparmiando sulla loro formazione (in CH si risparmia un milione per ogni medico e 300’000 franchi per ogni infermiera/e – cifre tonde). Basta una semplice moltiplicazione per vedere il risultato. Dopo aver approfittato dei frontalieri, che vengono in Ticino a darci più di una mano, ci lamentiamo che i nostri giovani fuggono. Vediamo la pagliuzza negli occhi degli altri e non la trave che abbiamo nei nostri (cit. …). naturalmente la colpa è del “governicchio”, dei “magna magna” e dei politici in genere. Che, poi, i politici li abbiamo scelti noi non ci passa nemmeno per la testa.

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