Basta un giorno di pioggia per ricordarci quanto amiamo il sole e quanto il nostro turismo necessiti del bel tempo.
Anche se quest’anno abbiamo dovuto convivere con alcune limitazioni, in Svizzera nei primi sei mesi dell’anno sono stati registrati quasi 11.4 milioni di pernottamenti nel settore alberghiero. Non abbiamo ancora raggiunto i livelli pre-crisi (12 milioni di pernottamenti), ma siamo già in ripresa rispetto al 2020 (meno di 10 milioni). A questi dobbiamo aggiungere più di 3.8 milioni di pernottamenti nelle case di vacanze (non troppo distanti dal 2019), 2 milioni nei campeggi (quasi raddoppiati rispetto al 2019) e 800 mila negli alloggi collettivi (questi in evidente calo, date le normative). Certo è cambiata la composizione dei nostri turisti: una volta la parte del leone la facevano gli ospiti stranieri; oggi, la pandemia ha fatto riscoprire agli svizzeri il piacere di trascorrere le ferie in casa. E molti di loro sono stati proprio nel nostro cantone e da un ultimo sondaggio ci hanno attribuito la medaglia per la simpatia. Siamo ben contenti di questo riconoscimento, anche perché il settore turistico contribuisce in maniera importante al nostro Prodotto interno lordo (qualche anno fa il suo contributo è stato stimato al 10%).
Conosciamo i limiti strutturali e spesso anche dell’offerta turistica nel nostro Cantone, e a maggior ragione quindi siamo ben consapevoli dell’importanza di persone qualificate e competenti.
E proprio le persone rappresentano una delle maggiori ricchezze della Riviera Romagnola dove
ho trascorso qualche giorno di vacanza. Anche qui, oltre al sole, al buon cibo e al mare, ho potuto fare quattro chiacchiere con i commercianti locali. E anche qui, le dinamiche non sono diverse dal nostro cantone.
Piccoli artigiani locali si alternano a negozi di souvenir da vacanza, con una cosa che però li accomuna: l’accoglienza e la voglia di far sentire il turista uno di casa. E così vi potete ritrovare a mangiare una meravigliosa piadina chiedendo di farcirla con prosciutto crudo, squacquerone e pomodori secchi e questo accompagnato dal sorriso del cuoco che vi dice “abbinamento interessante…” O ancora un commerciante di origine africana vi spiega che dopo tutto gli affari sono andati abbastanza bene, ma che pesa sicuramente l’assenza dei turisti russi e inglesi: “a loro sì che piace la roba italiana, di solito si comprano di tutto, persino le valigie. Gli italiani ci sono, ma possono spendere meno”.
E che dire del signore in età avanzata che da 12 anni d’estate si è inventato la professione di ricamare i nomi sui tessuti? Quando gli porto il mio cappello fucsia ci mettiamo un po’a scegliere insieme il colore giusto del cotone. Poi prendendosi tutto il tempo necessario cerca nel suo telefono la fotografia che gli ha inviato una cliente a cui ha ricamato 13 cappelli per una festa tra amiche. Orgoglioso mi racconta che per farlo ha rotto ben quattro aghi, ma visto il risultato ne valeva proprio la pena.
Ed effettivamente ne vale proprio la pena. Vale la pena di spendere qualche minuto a raccontare ai turisti la vita vera, affinché possano portarsi a casa ben di più di un souvenir.
E ora, rieccomi di nuovo sulla via del ritorno. Per ricominciare ad ascoltare le storie degli artigiani, dei commercianti e degli operatori del settore turistico del nostro bel Cantone!

Mah, chissà come sarà, dal punto di vista turistico, il primo anno post.pandemia, quando gli svizzeri potranno recarsi all’estero senza problemi. Io ho notato un aumento dei prezzi di camere (così mi dicono amici confederati) e di cibi e bevande nei ristoranti. Lo so, quanto scrivo non ha basi statistiche. Fosse però vero, potrebbe capitare che i nostri amici d’oltralpe penseranno che per una volta va bene (faute de mieux), ma che essere “spremuti” non è una buona idea e che, dopo tutto, può esserlo tornare alle Maldive o a Rimini. Spero, naturalmente, che la cosa non si verifichi.
Cordialità
Giorgio
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