Nel video pubblicato da Ticinotoday che trovate qui sotto mi esprimo sulla sostenibilità, non solo economica, di un possibile secondo confinamento generalizzato. Personalmente ritengo che non esistano attività economiche essenziali e attività non essenziali, sia per l’imprenditore che per il consumatore. Tutto ciò che l’individuo decide di fare è essenziale e ancora prima che essere un’attività economica, è un’attività umana. La società è fatta di tanti individui diversi e la ricchezza delle nostre economie e società sviluppate è proprio quella di rispettare questa diversità e non imporre nessun modello né di vita, né di consumo.
Detto questo, la pandemia che stiamo vivendo è senza dubbio un evento eccezionale. E necessita quindi di risposte eccezionali.
In questi giorni sono molte le sollecitazioni che riceviamo e che ci interrogano sulla sostenibilità economica per la Svizzera di una seconda chiusura generalizzata. Ma prima di interrogarsi sulla sostenibilità economica, il dibattitto dovrebbe preoccuparsi dell’efficacia delle misure proposte e delle conseguenze sugli individui. Nei momenti di tranquillità si vive nella valorizzazione e nel rispetto della diversità; nei momenti di incertezza, come quello odierno, possono invece alimentarsi tensioni e conflitti. Purtroppo è quello che sta succedendo in questa seconda ondata e le scelte politiche anziché gettare acqua sul fuoco, gettano benzina. Pensate alla situazione vissuta da chi il giorno dopo l’annuncio di un possibile prolungamento della chiusura delle attività legate al tempo libero, andando al lavoro o a scuola ha preso i mezzi pubblici stracolmi di persone che respirano una addosso all’altra. Orbene, anche i cittadini e le cittadine più rispettose delle istituzioni e delle regole in questo momento si sentono spaesate. A questo sconforto aggiungiamo quello dei proprietari delle attività che sono state chiuse e che non trovano rassicurazione da parte dello Stato.
Come detto da tutti, se secondo confinamento deve essere, che lo sia. Ma ora non tentenniamo più: il prezzo da pagare per questa crisi sanitaria sarà molto alto anche dal punto vista economico.
In tutto questo contesto, la Svizzera è una delle poche Nazioni che può permettersi senza paura di sostenere l’economia. La nostra economia è solida, le finanze pubbliche sono sane, i tassi di disoccupazione sono tra i più bassi al mondo e, c’è stabilità dei prezzi, quindi il contesto macroeconomico è sicuramente tra i più favorevoli al mondo.
Detto questo le politiche fiscali devono essere assolutamente mirate e indirizzate ai settori che ne hanno bisogno e all’interno di questi settori alle aziende maggiormente colpite. E andrei anche oltre. Gli aiuti dovrebbero essere pensati in funzione delle regioni: il contesto economico ticinese non è come quello di Zurigo. Le aziende ticinesi non sono come quelle zurighesi. Insistiamo, gli aiuti devono essere poco burocratici, rapidi ed efficaci. I ristoranti devono pagare adesso gli affitti, le palestre devono versare ora le rate dei macchinari comperati in leasing, le agenzie di viaggio stanno sopravvivendo da oramai un anno.
Certo, alcuni sostengono che così facendo teniamo in piedi le cosiddette aziende zombie, ossia le aziende che sarebbero fallite o fallirebbero nei prossimi mesi. Vero, ma la mia riflessione è questa: davvero nel pieno di una crisi economica mondiale possiamo permetterci il lusso di fare i puristi e i difensori dell’efficienza economica e del libero mercato? Io non credo. Credo al contrario che dovremmo essere più coraggiosi e infondere serenità ai cittadini e alle imprese.
Concludiamo con una riflessione: se le risorse per fare un secondo lockdown ci sono, quello che pare mancare ora è la convinzione dei cittadini sulla necessità di farlo.