L’aumento dei prezzi ha scatenato l’ennesima rivolta dei cittadini. Questa volta in Kazakistan.
Il Kazakistan è la nazione più grande dell’Asia Centrale: il suo territorio ha una superficie pari a quella dell’Europa Centrale. Conta circa 19 milioni di abitanti (la Svizzera circa 8.5 milioni). Oltre a confinare con diversi stati dell’ex Unione Sovietica di cui è stata una Repubblica fino al 1991, annovera tra i suoi vicini, la Russia e la Cina. E non a caso questi due “amici” sono intervenuti a sostegno del governo per reprimere la rivolta scoppiata a inizio gennaio, quando il popolo è sceso in piazza per protestare contro l’aumento vertiginoso del prezzo del gas, in particolare del Gpl (gas di petrolio liquefatto). Fino a quel momento il governo era intervenuto fissando un limite massimo al prezzo. Questo limite è stato tolto ufficialmente per consentire alle imprese produttrici private di fare profitti dato che è necessario ammodernare gli impianti e costruirne di nuovi. Ma il prezzo è raddoppiato in pochi giorni. Da qui la protesta di piazza. Ma come mai Cina e Russia sono intervenute così in fretta per sostenere questo Paese? Le ragioni sono molte; anche economiche.
L’economia del Kazakistan è abbastanza particolare. Pur non essendo un paese molto sviluppato, può contare su una ricchezza incredibile in termini di risorse naturali. Già, proprio quelle risorse di cui ha fame il mondo.
Questa nazione possiede innumerevoli giacimenti di idrocarburi, terreni ricchi di metalli (il 60% delle risorse minerarie dell’ex Unione Sovietica si trova in questa nazione), è il nono paese esportatore al mondo di petrolio e il decimo di carbone. Senza dimenticare che l’alleanza con la Russia è siglata anche dalla presenza sul suo territorio della base di lancio della stazione aerospaziale russa.
E non finisce qui. Il Kazakistan è il primo produttore al mondo di uranio; ne fornisce oltre il 40%. Questo metallo in forma arricchita serve per alimentare le centrali nucleari che oggi stanno diventando l’alternativa “pulita” all’uso del carbone e la risposta alla crisi climatica. Insieme alla Russia c’è un altro importante cliente di questa risorsa. La Cina, che necessita di molta energia e che ha iniziato la transizione energetica, conta sul suo territorio 54 impianti nucleari e 14 in progettazione. Insomma, l’uranio le serve.
In aggiunta negli ultimi anni il paese è diventato il secondo estrattore al mondo di Bitcoin, dietro solo agli Stati Uniti. Le aziende che prima avevano sede in Cina si sono trasferite in Kazaskistan dopo il divieto cinese di svolgere transazioni in criptovalute e l’introduzione di normative che ne limitavano fortemente la produzione. Peccato che i super computer che creano i Bitcoin divorano energia; anche per questo nel Paese ci sono stati aumenti dei prezzi, blackout e la necessità di rivolgersi alla Russia per compensare la forte domanda.
Insomma, questa nazione di cui conoscevamo poco fino a qualche giorno fa, in realtà ha una grande importanza strategica ed economica. E forse proprio per questo Russia e Cina sono sue grandi amiche.
