Bianco, nero, al latte, con le nocciole… e ancora tavolette, cioccolatini, creme da spalmare, uova di cioccolato… A chi non è venuta l’acquolina in bocca? Eh sì, il cioccolato attira anche noi economisti, e non solo per la nostra golosità.
Il “Cibo degli Dei” come fu ribattezzato dal botanico Carl Linnaeus attorno al 1750 era già noto ai Maya e agli Aztechi (siamo tra il 500 e il 700 dopo Cristo). Allora era ritenuto talmente prezioso che le fave di cacao venivano usate come mezzo di pagamento. Ma è solo nel 16° secolo che la bevanda arriva in Spagna.
Bisognerà attendere altri 300 anni per gettare le basi di quella che diventerà una tradizione e un fiore all’occhiello dell’industria alimentare svizzera. È il 1819 quando François-Louis Cailler apre a Vevey, sul lago Lemano, la prima fabbrica meccanizzata di cioccolato. È a lui che dobbiamo l’invenzione della tecnica per rendere il cioccolato solido e trasformarlo in tavolette. Da lì, come ci insegna Schumpeter (economista austriaco che morì nel 1950), le invenzioni arrivarono a grappoli. Philippe Suchard aprì a Neuchatel una fabbrica di cioccolato in cui inventò una macchina che mescolava e macinava lo zucchero e il cacao rendendoli una pasta omogenea. Kohler qualche anno più tardi inventò il cioccolato alle nocciole, ma soprattutto ebbe come apprendista Rudolf Lindt, sì, proprio il papà dei Lindor. E che dire di Jean Tobler che inventò il Toblerone o dei coniglietti di cioccolato dorati di Sprüngli?
Grazie a queste invenzioni ancora oggi la Svizzera è il Paese che produce più cioccolato al mondo: grazie ai 4’400 dipendenti del settore nel 2020 ne abbiamo fabbricate ben 180 mila tonnellate, come ci riferiscono i dati di Chocosuisse, la Federazione dei fabbricanti svizzeri di cioccolato. Oltre il 70% della nostra produzione viene esportata all’estero. La Germania è la più golosa: ne compera 1 tavoletta su 5. Seguono Francia, Regno Unito e Stati Uniti. Ma non preoccupatevi: ne rimane tanto anche per noi che ne mangiamo ben 10 chili all’anno a persona. Primi in assoluto, davanti a Germania, Estonia e Francia. E pensate che a causa della pandemia la quantità si è ridotta…
Quindi tutto dolce e buono? Non proprio. Purtroppo quando si risale nella filiera produttiva dei Paesi fornitori delle materie prime si scoprono sfruttamento, lavoro minorile, mancanza di rispetto per l’ambiente. Ed è per questo che la Piattaforma per il cacao sostenibile si preoccupa di certificare il coinvolgimento dei produttori locali, la sostenibilità e la trasparenza. Proprio per evitare che il nostro dolce cioccolato ci riservi amare sorprese.
