Da sempre gli individui si interrogano sulla sostenibilità dell’innovazione tecnologica. Sin dalla prima rivoluzione industriale il progresso fu accolto con sospetto. Non mancarono neppure veri e propri atti di distruzione. Basti pensare che il termine sabotaggio deriverebbe proprio dal gesto degli operai francesi di mettere negli ingranaggi dei macchinari gli zoccoli di legno, i “sabots”.
Da sempre però la storia mostra anche che i Paesi più benestanti sono quelli in cui il progresso tecnologico e l’innovazione la fanno da padroni. Dobbiamo quindi affrontare la rivoluzione 4.0 con questo spirito ottimista accompagnato dalla consapevolezza che anche in questo caso ci saranno vincitori e perdenti. Ma oggi rispetto al passato possiamo rendere sostenibile questo processo. L’automazione, la digitalizzazione e la robotizzazione dovrebbero in realtà liberare l’individuo dalle attività più faticose.
Lo strumento principale di cui disponiamo oggi è proprio la formazione. L’aumento delle competenze consente di sfruttare a proprio vantaggio il progresso anziché diventarne vittime. E in questo processo la formazione professionale non deve limitarsi ai giovani. Al contrario. È sulle persone che già dispongono di qualifiche specifiche che la formazione continua può portare importanti benefici in questa fase di transizione. L’invecchiamento demografico, la denatalità, l’aumento dell’aspettativa di vita, fanno sì che diventi prioritario investire anche sugli adulti. Così senza parlare di vera e propria riqualifica professionale quando non è strettamente necessaria, si possono creare percorsi di accompagnamento e di avvicinamento ai nuovi sistemi produttivi. Nessuno scontro tra algoritmi e persone, nessuna battaglia tra robot e individui. Al contrario, un progresso tecnologico al servizio dell’essere umano che potrebbe avverare la profezia dell’economista John Maynard Keynes che prevedeva per l’individuo un massimo di 15 ore lavorative alla settimana. E chissà che non sia proprio la formazione professionale la chiave di svolta.
Contributo alla Rivista Skilled – Scuola Universitaria federale per la formazione professionale (SUFFP) -27.09.2021

Cara Amalia,
Con la costante e crescente pressione legata alle prestazioni professionali individuali, che sperimentiamo da anni, fatico a immaginare uno scenario lavorativo da 15 ore settimanali. Però è bello sperare in un futuro, in cui lavoro, tempo libero e ricchezza siano distribuiti in maniera più bilanciata e democratica tra la popolazione.
Saluti.
Lara
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Cara Lara, ha proprio ragione: speriamoci. Un caro saluto, Amalia
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