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Cosa ne sarà dell’identità svizzera se perdiamo anche il Toblerone?

“Cosa? Il Toblerone non sarà più svizzero? Come è possibile? Che ne sarà della nostra identità rossocrociata?” Molti di noi hanno fatto queste riflessioni nei giorni scorsi quando abbiamo saputo che un altro pezzettino di identità svizzera trasferirà la sua produzione all’estero. Nel nostro articolo di qualche mese fa “Che buono il cioccolato! Ancora più dolce se è sostenibile” avevamo raccontato la storia della nascita e dello sviluppo di questo settore che è diventato un fiore all’occhiello dell’industria alimentare svizzera.
La ricetta del Toblerone è stata creata nel 1908 da Theodor Tobler, figlio di Jean, fondatore dell’azienda Tobler & Cie nel 1899 a Berna, e da Emil Baumann responsabile della produzione. Il nome Toblerone nasce dall’unione del nome dell’inventore con Torrone, il dolce alle nocciole e mandorle italiano. Da quel momento la produzione di questo cioccolato avverrà sempre nel Canton Berna e sempre di più l’essere un prodotto svizzero assumerà importanza, anche nel marketing. Basti pensare alla forma tipica triangolare che richiama il Matterhorn, versante svizzero del Cervino. E non finisce qui. L’aquila che sorvola una foresta del primo imballaggio, sarà sostituita da un orso (simbolo di Berna) nel 1920. Orso che sparirà nel 1970 quando al suo posto apparirà il Cervino, per poi essere reintrodotto nel 2000 con il nuovo, e attuale imballaggio, dove all’interno della raffigurazione della montagna si inserisce proprio l’animale simbolo della città (città che si ritrova in ogni caso anche nel nome stesso del prodotto – toBlERoNE).
Insomma, il Toblerone è un pezzo di noi. Eppure, dal 2023 una parte della sua produzione sarà fatta anche in Slovacchia. Probabilmente questo comporterà che il nostro Toblerone non sarà più etichettato come “cioccolato al latte svizzero”. E quanti altri prodotti che associamo a una nazione in realtà oggi sono molto più delocalizzati e globalizzati di quanto crediamo? Vediamo alcuni esempi. Navigando tra i siti scopriamo per esempio che l’Ovomaltina oltre a essere stata ceduta a una multinazionale britannica nel 2002 oggi viene prodotta anche in Thailandia e Cina. E la maionese della Thomy dal 2017 ha dovuto togliere la croce svizzera a causa delle regole legate alla certificazione “Swiss Made” … Ma anche all’estero non sono messi meglio… per esempio degli 11 stabilimenti al mondo di Nutella, solo 2 si trovano in Italia. E che dire dei macaron Ladurée che sono passati dalla produzione nella periferia Sud di Parigi al Canton Friborgo?
Per fortuna che alcuni prodotti rimangono ancora simbolo delle nazioni. E per questo auguriamo lunga vita al coltellino svizzero, alla burrata pugliese, al vetro di Murano e allo champagne francese!

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Che buono il cioccolato! Ancora più dolce se é sostenibile…

Bianco, nero, al latte, con le nocciole… e ancora tavolette, cioccolatini, creme da spalmare, uova di cioccolato… A chi non è venuta l’acquolina in bocca? Eh sì, il cioccolato attira anche noi economisti, e non solo per la nostra golosità.
Il “Cibo degli Dei” come fu ribattezzato dal botanico Carl Linnaeus attorno al 1750 era già noto ai Maya e agli Aztechi (siamo tra il 500 e il 700 dopo Cristo). Allora era ritenuto talmente prezioso che le fave di cacao venivano usate come mezzo di pagamento. Ma è solo nel 16° secolo che la bevanda arriva in Spagna.
Bisognerà attendere altri 300 anni per gettare le basi di quella che diventerà una tradizione e un fiore all’occhiello dell’industria alimentare svizzera. È il 1819 quando François-Louis Cailler apre a Vevey, sul lago Lemano, la prima fabbrica meccanizzata di cioccolato. È a lui che dobbiamo l’invenzione della tecnica per rendere il cioccolato solido e trasformarlo in tavolette. Da lì, come ci insegna Schumpeter (economista austriaco che morì nel 1950), le invenzioni arrivarono a grappoli. Philippe Suchard aprì a Neuchatel una fabbrica di cioccolato in cui inventò una macchina che mescolava e macinava lo zucchero e il cacao rendendoli una pasta omogenea. Kohler qualche anno più tardi inventò il cioccolato alle nocciole, ma soprattutto ebbe come apprendista Rudolf Lindt, sì, proprio il papà dei Lindor. E che dire di Jean Tobler che inventò il Toblerone o dei coniglietti di cioccolato dorati di Sprüngli?
Grazie a queste invenzioni ancora oggi la Svizzera è il Paese che produce più cioccolato al mondo: grazie ai 4’400 dipendenti del settore nel 2020 ne abbiamo fabbricate ben 180 mila tonnellate, come ci riferiscono i dati di Chocosuisse, la Federazione dei fabbricanti svizzeri di cioccolato. Oltre il 70% della nostra produzione viene esportata all’estero. La Germania è la più golosa: ne compera 1 tavoletta su 5. Seguono Francia, Regno Unito e Stati Uniti. Ma non preoccupatevi: ne rimane tanto anche per noi che ne mangiamo ben 10 chili all’anno a persona. Primi in assoluto, davanti a Germania, Estonia e Francia. E pensate che a causa della pandemia la quantità si è ridotta…
Quindi tutto dolce e buono? Non proprio. Purtroppo quando si risale nella filiera produttiva dei Paesi fornitori delle materie prime si scoprono sfruttamento, lavoro minorile, mancanza di rispetto per l’ambiente. Ed è per questo che la Piattaforma per il cacao sostenibile si preoccupa di certificare il coinvolgimento dei produttori locali, la sostenibilità e la trasparenza. Proprio per evitare che il nostro dolce cioccolato ci riservi amare sorprese.

La versione audio: Che buono il cioccolato! Ancora più dolce se sostenibile…