L’accordo e i suoi nodi

Il tema dell’accordo quadro è di estrema attualità. Gli strascichi dell’ultimo incontro tra la presidente della commissione europea e il presidente della Confederazione si faranno sentire per qualche mese. Riprendo un articolo pubblicato dal Corriere del Ticino, che ringrazio, il 28.04.2021.


L’accordo quadro è morto? E se non lo fosse, perché prolungarne la lenta, interminabile agonia?
Dopo l’ennesimo incontro tra le parti i quesiti aperti sono molti. Alla base della proposta di accordo c’era la volontà di avvicinare le regole istituzionali europee e quelle svizzere. Ma le cose sono andate male da subito. Il primo grande dissidio ha riguardato la cosiddetta ripresa automatica del diritto europeo. Nonostante le rassicurazioni (centralità del parlamento, possibilità di referendum, ecc.) la perdita di autonomia e di sovranità per il nostro paese sarebbe stata significativa. Nel nostro DNA di nazione è iscritta l’idea e la pratica della democrazia semi diretta: i cittadini svizzeri non sono disposti a rinunciarci.
E c’è il resto. Pensiamo al lavoro. Secondo la UE la Svizzera dovrebbe rinunciare a tutte le misure di accompagnamento e protezione del mercato del lavoro interno se sono discriminatorie nei confronti dei lavoratori comunitari. E a decidere se sono discriminatorie sono naturalmente gli stessi europei.
Un secondo, e altrettanto aspro, terreno di scontro riguarda la proibizione degli aiuti di Stato alle aziende, se questi distorcono la concorrenza. Concretamente questa misura implicherebbe, per esempio, dover rinunciare alle banche cantonali. In questo caso l’Unione Europea ha asserito di voler prendere in considerazione questa nostra “tradizione”, tramite cavilli e postille varie. Non proprio rassicurante.
Infine, vi è la questione della cittadinanza europea con il previsto ampliamento del diritto alle prestazioni sociali per i cittadini europei. In questo come nei casi precedenti, l’Unione Europea ha lasciato intendere che la questione potrebbe essere risolta aumentando l’importo del famoso miliardo di coesione pagato dalla Svizzera all’Europa, salito nel frattempo a 1.3 miliardi. A voi ogni giudizio.
Ma se su tutti questi punti non c’è una visione condivisa, per quale ragione dovremmo proseguire su questa strada? Certo, nessuno se ne può andare sbattendo la porta. Sappiamo che la UE è importante, ma anche noi abbiamo qualche freccia al nostro arco. L’Unione Europea è il nostro principale partner commerciale, vero. Ma non dimentichiamo che la Svizzera compera più di quello che vende. Nel 2018 i nostri “acquisti” in Europa permettevano di mantenere circa 500-700 mila posti di lavoro. Possiamo sommare a questo, l’effetto degli oltre 300 mila lavoratori frontalieri. Insomma per l’Unione Europea avere buoni rapporti con la Svizzera è importante, quanto per noi averne con lei. Ricordiamocene: e quando ci siederemo al tavolo la prossima volta lasciamo fuori dalla porta una certa ingiustificata sudditanza psicologica e politica che sta risultando, in ultima analisi, dannosa per i nostri interessi nazionali.

La versione audio: L’accordo e i suoi nodi
Fonte European Commission

Un pensiero riguardo “L’accordo e i suoi nodi

  1. Noi NON siamo EU, il popolo ha deciso diversi anni fa. L’UE questo non lo vuole capire e non lo vuole soprattutto accettare perché é inutile negarlo. L’UE é un’istituzione che divora enormi capitali a favore di pochi ma soprattutto che nella sua funzionalità istituzionale si é dimostrata più volte fallimentare. Il progetto di un’unica grande nazione europea é semplicemente utopico, almeno per le prossime generazioni. L’UE ci minaccia anche per il semplice fatto che se il resto del popolo europeo dovesse rendersi conto che la democrazia diretta é uno strumento molto potente…l’establishment europeo tremerebbe. Inoltre le minacce di vario genere lasciano il tempo che trovano perché a che mi risulti l’AELS é ancora valida e all’interno di essa ci sono nazioni EU che hanno buoni rapporti con la Svizzera. Quali sarebbero le conseguenze se per esempio la Svizzera vietasse al 100% il transito dei veicoli pesanti lungo i nostri assi autostradali obbligando quindi a passare da Francia o Austria? Le due nazioni europee sarebbero contente? (tra l’altro l’Austria mi pare di capire sia molto più vicina alla Svizzera che all’UE come atteggiamenti e modi di porsi). E se cominciassimo a far pagare le nostre risorse idriche al resto d’Europa? E se ci decidessimo a dare realmente una svolta all’energia idroelettrica, eolica e soprattutto solare; a tappeto su tutto il suolo nazionale creando una mega rete energetica nazionale fatta anche e soprattutto dalle singole abitazioni abbattendo la necessità energetica da comprare dall’estero ? Siamo piccoli certo e siamo in mezzo all’UE, ma forse sarebbe tempo e ora di chiedersi veramente chi ha realmente bisogno di chi…e che la smettano di ricattarci con le sanzioni/limiti alle importazioni…tanto per importare fragole ai pesticidi nel mese di dicembre dalla Spagna…tanto vale importarle dalla Cina o dagli USA che sono i due veri e potenziali partner economici a medio-lungo termine. Ma soprattutto il nostro governo dovrebbe valutare seriamente il potenziale su scala nazionale di una vera economia circolare.

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