Patrimoni miliardari immuni dal Covid-19

Il Bloomberg Billionaires Index fornisce una classifica aggiornata quotidianamente delle persone più ricche al mondo. Per ogni miliardario dà la composizione del suo patrimonio. Certo è lo stesso esercizio che facciamo anche noi quando compiliamo la dichiarazione delle imposte e dobbiamo stimare la nostra sostanza. Ma se andate a spulciare uno dei tanti profili dei miliardari vi renderete conto che c’è una bella differenza tra i nostri patrimoni e i loro. Partecipazioni in società quotate in borsa, sconti da applicare in funzione dei rischi legati ai Paesi in cui si detengono partecipazioni pubbliche, valutazioni degli hedge fund, stima della liquidità; insomma deve essere proprio difficile capire quanto si è ricchi quando si è veramente ricchi.
Una cosa però è certa. Anche il COVID-19 colpisce in maniera diversa le classi sociali. Mentre milioni di persone hanno perso il lavoro e stanno chiudendo le loro attività a causa della pandemia, possiamo tirare un sospiro di sollievo perché i 500 miliardari più ricchi della terra hanno visto il loro patrimonio aumentare anche quest’anno. E pensare che subito dopo il primo lockdown mondiale eravamo preoccupati per la loro sorte, dato che i loro patrimoni avevano mostrato perdite importanti.
La notizia bizzarra è che addirittura sono i miliardari cinesi (Wuhan vi ricorda qualcosa?) ad aver visto la loro ricchezza aumentare di più: in effetti, essa è cresciuta quasi del 54%. Saremmo tentati di pensare a uno strano scherzo del destino se non fosse che anche negli anni passati la Cina ha mostrato crescite impressionanti. Non dimentichiamo che proprio studi recenti affermano che la Cina diventerà la prima potenza mondiale scavalcando gli Stati Uniti in anticipo rispetto a quanto previsto.
Ma non preoccupiamoci troppo dei miliardari statunitensi: anche loro hanno visto aumentare la loro ricchezza di oltre il 25%, un po’ di più dei “cugini” inglesi. In Europa, dove la ricchezza è aumentata mediamente “solo” del 15%, c’è anche chi si è impoverito: i miliardari spagnoli (quasi del -12%) e quelli ciprioti (-8%).
Naturalmente la ricchezza dipende dalla performance dei diversi settori economici: i servizi, la sanità, le tecnologie hanno registrato guadagni superiori al 50%, le materie prime “solo” del 32% e i settori industriali del 26%.
Ma com’è possibile che ci siano delle disuguaglianze così grandi? E la storia ha sempre mostrato queste differenze?
Da una parte è vero che la teoria economica ci insegna che per raggiungere lo sviluppo è necessario passare attraverso una certa concentrazione della ricchezza produttiva. Averla nelle mani di poche famiglie consente di accumulare macchinari e mezzi per produrre. Oggi però la situazione che viviamo è ben diversa.
Le differenze e le disuguaglianze stanno diventando insostenibili. Oltre a creare tensioni importanti tra le classi sociali, esse non sono più ritenute necessarie allo sviluppo economico, anzi.
A onor del vero, dall’inizio del XX secolo l’intervento dello Stato, le imposte progressive, l’istruzione pubblica e la maggiore solidarietà hanno ridotto le disuguaglianze. Queste politiche hanno portato nel 1980 in Europa il 10% più ricco a possedere circa il 40-50% del patrimonio. Purtroppo questo trend positivo si è arrestato attorno agli anni Ottanta, con le politiche liberiste di deregolamentazione e globalizzazione di Ronald Reagan e Margaret Thatcher oltre a quelle della finanza internazionale.
Ora, questa nuova crisi dovrà essere l’occasione per ripensare anche alla validità delle nostre politiche fiscali e soprattutto ai meccanismi che consentono un’accumulazione eccessiva.

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