L’inflazione sta decisamente rallentando la sua corsa. I dati dei principali paesi europei confermano che il calo è dovuto principalmente alla riduzione dei prezzi energetici. E questa è sicuramente una buona notizia. In effetti abbiamo visto i prezzi al consumo in marzo confermarsi in Spagna al 3.3% (dal 6% del mese precedente), in Italia al 7.7% (da 9.2% precedente), in Francia al 5.6% (dal 6.3%), in Germania al 7.4% (dall’8.7%) e in generale nella zona Euro al 6.9% (dall’8.5%). Anche la Svizzera non ha fatto eccezione. Così qualche giorno fa l’ufficio federale di statistica ha comunicato che l’aumento annuale nel mese di marzo è stato del 2.9%, mentre su base mensile i prezzi sono cresciuti solo dello 0.2%. La riduzione anche in questo caso è causata principalmente dai prezzi dei prodotti petroliferi e di quelli energetici in generale
Ancora non possiamo gioire della fine dell’inflazione, anche se in alcuni casi, come in Italia, l’inflazione è scesa al suo livello più basso dal maggio dell’anno scorso. Quello che si nota è che se si registra una riduzione per i prezzi dei prodotti energetici, lo stesso non può dirsi per i prezzi legati ai beni di consumo di tutti i giorni. Per esempio in Italia il prezzo del carrello della spesa aumenta ancora in marzo del 12.7%; questo dato è superiore di ben cinque punti percentuale rispetto al tasso di inflazione.
Ma questa riduzione dei prezzi è davvero imputabile alle scelte delle banche centrali di aumentare i tassi di interesse? Sappiamo che la politica monetaria ha dei ritardi temporali nella spesa e nella produzione. Questo significa che i consumatori e i produttori modificheranno il loro comportamento con un certo ritardo rispetto alla decisione di aumentare i tassi di interesse. Ancora più in ritardo saranno gli effetti finali su produzione e occupazione. I ritardi teorici possono andare dai 6 mesi ai 24 mesi. Insomma, non abbiamo certezza che siano state le politiche monetarie a frenare la domanda di consumatori e imprese e quindi a contenere l’aumento dei prezzi. Al momento pare che siano state piuttosto le condizioni meteorologiche favorevoli a impattare sulla domanda di prodotti energetici, quindi sui loro prezzi e di riflesso sull’abbassamento dell’inflazione.
D’altra parte sembrerebbe che anche le possibili conseguenze negative sulla crescita economica di un aumento dei tassi di interesse per il momento siano contenute.
Quindi, finora le banche centrali sembrano aver fatto scelte positive. Speriamo vadano avanti in questa direzione.
