I numeri confermano le nostre paure. I dati sulla disoccupazione pubblicati dalla Segreteria di Stato dell’economia (SECO) testimoniano il periodo difficile che stiamo vivendo. In Svizzera oltre 153 mila persone sono in cerca di un lavoro. Se la crescita rispetto al mese precedente è abbastanza ridotta, non possiamo dire lo stesso rispetto a un anno fa: oggi contiamo quasi 50 mila persone disoccupate in più, 50 mila persone che hanno perso il loro posto di lavoro. Che siano giovani o ultracinquantenni, la musica non cambia: l’aumento è di oltre il 40%. La disoccupazione tocca maggiormente i settori più colpiti dalla crisi legata al Covid-19 come l’alloggio e la ristorazione, l’industria manifatturiera e le attività di intrattenimento. Purtroppo però vediamo che i licenziamenti iniziano a diffondersi anche negli altri settori, sintomo questo di una economia sofferente.
Ma un altro dato ci deve preoccupare e soprattutto deve mettere in guardia lo Stato: l’orario ridotto. Le aziende possono chiedere per un certo periodo di non far lavorare i propri collaboratori senza però licenziarli. In cambio i collaboratori ricevono l’80% del salario. Nel mese di settembre oltre 200 mila persone che lavoravano in 14 mila aziende erano in orario ridotto, l’equivalente di quasi 12 milioni di ore di lavoro perse. Numeri questi che sembrano non dirci nulla (il grafico sotto qualcosina di più): eppure un anno fa le persone in orario ridotto erano 2 mila (in 111 aziende) e le ore di lavoro perse solo 100 mila. Perché questo dato deve preoccuparci? Perché purtroppo la seconda ondata non è stata ben gestita e nulla ci garantisce che queste persone, una volta esaurito il diritto all’orario ridotto, non saranno licenziate.
E che succede in Ticino? I disoccupati sono oltre 6 mila persone. L’aumento rispetto all’anno scorso è più contenuto di quello nazionale, ma non dobbiamo farci ingannare da queste cifre. Nel nostro Cantone abbiamo delle particolarità che possono posticipare e in parte nascondere il problema della disoccupazione. Le aziende del nostro Cantone sono ricorse maggiormente all’orario ridotto, hanno chiesto in proporzione più prestiti garantiti e hanno valvole di sfogo, come i posti di lavoro per frontalieri e temporanei (che non danno diritto alle indennità di disoccupazione), che non rientrano nelle statistiche.
Quello che dobbiamo augurarci è che l’economia grazie a un intervento dello Stato mirato ed efficace possa superare al meglio questa seconda ondata così da mantenere i posti di lavoro e consentire alle persone di vivere dignitosamente con il proprio salario.