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La favola del Cantone Ticino…

Ve la ricordate la favoletta che ci hanno raccontato durante la crisi Covid? “Il Canton Ticino, grazie alla sua economia diversificata sta affrontando la situazione meglio degli altri”.
Peccato che i dati appena pubblicati dall’ufficio federale della statistica dicano il contrario. Nel 2020 il prodotto interno lordo svizzero (PIL) si è ridotto del 2.4%; quello del Canton Ticino del 5.2%, 2.2 volte di più. Peggio di noi fanno solo Giura (-8.5%), Neuchâtel (-6.5%) e Glarona (-5.3%).
Naturalmente non neghiamo la violenza e l’eccezionalità della pandemia, né che il piccolo Canton Ticino, con la sua produzione annuale di circa 30 miliardi di franchi di beni e servizi, potesse reggere il colpo senza conseguenze. D’altronde non serve neppure a nessuno andare avanti a negare le problematiche che affliggono il nostro Cantone. Prima fra tutte è la sua struttura economica che vede il settore industriale e quello dei servizi a basso valore aggiunto come dominanti. Questo ci porta a essere sempre negli ultimi posti delle graduatorie sull’attrattività e la competitività nazionale.
Il settore industriale, quello delle costruzioni, quello del commercio al dettaglio, ma anche il settore infermieristico, quello dell’amministrazione pubblica e dei servizi sociali sono attività fondamentali, ma non bastano. Non possiamo ignorare che un cantone al passo coi tempi e che voglia offrire posti di lavoro ai suoi giovani debba spingere anche verso altri settori. La struttura economica del Canton Zurigo, locomotiva svizzera, è decisamente differente: la quota di prodotto interno lordo generata dai servizi finanziari e da quelli assicurativi e dalle attività immobiliari, scientifiche e tecniche rappresenta una fetta importantissima. Non a caso sono questi i settori ad alto valore aggiunto e non a caso è Zurigo il Cantone con i salari più alti.
Non possiamo cambiare la struttura economica del nostro paese dall’oggi al domani, ma possiamo valorizzare quanto abbiamo sul territorio e accompagnare le nostre aziende verso una visione più di medio-lungo termine.
La statistica ancora non misura un fenomeno che preoccupa i sonni di molti e che potrebbe rendere definitivamente questo cantone un cantone dormitorio. Sempre più giovani, e non solo loro, accettano posti di lavoro oltre Gottardo. Qui trascorrono 3 giorni alla settimana per poi rientrare in Ticino e lavorare da casa per gli altri due. È un lusso che non possiamo permetterci. Questi giovani capaci, competenti e qualificati, devono contribuire allo sviluppo di questo Cantone.
Ora siamo a un bivio: possiamo andare avanti a raccontarci la favola che tutto va bene, che siamo un’economia performante, che la diversificazione è la nostra ricchezza, oppure possiamo cominciare a lavorare perché questa favola diventi realtà.

La versione audio: La favola del Cantone Ticino