Sarebbe grave una crisi immobiliare?

Qualche giorno fa sono stata invitata a partecipare alla call regionale sul mercato immobiliare organizzata dal Centro clientela aziendale Ticino di Raiffeisen Svizzera. Ho potuto parlare di settore immobiliare e di macroeconomia. Ho cominciato esponendo due curiosità. Pochi sanno che il prezzo degli immobili e il numero di autorizzazioni per la costruzione sono degli indicatori anticipatori del ciclo economico. Se guardiamo a questi dati, siamo in grado di stimare ciò che accadrà tra sei mesi alla nostra economia. La seconda curiosità riguarda la possibile esistenza di un ciclo economico di lungo periodo legato al settore delle costruzioni. Dapprima Alvin Hansen e in seguito lo stesso Simon Kuznets sostennero che esiste un ciclo lungo che varia dai 15 ai 25 anni collegato con l’attività nell’edilizia. Questo implica che ogni 15-25 anni assistiamo a una crisi immobiliare. In effetti se guardiamo alle ultime due vediamo che quella del 2007 è avvenuta 16 anni dopo quella del 1991. Sono accettati gli scongiuri del caso…
Nel 2017 l’ufficio federale dell’abitazione ha svolto uno studio in cui ha quantificato l’importanza del settore immobiliare in Svizzera. Da questo studio emerge che il contributo dato al prodotto interno lordo svizzero è stato per quell’anno di 114 miliardi, il 17% del totale. Togliendo il reddito da locazione e il valore locativo il contributo rimane comunque molto elevato e si situa attorno all’11%. Sempre in quell’anno si misuravano circa 2,75 milioni di edifici di cui due terzi destinati a scopi residenziali. Il settore offriva 566 mila posti di lavoro a tempo pieno (14% del totale) e l’11% delle entrate fiscali (oltre 14 miliardi di franchi.) Se si scende nel dettaglio si scopre che il parco immobiliare nel 2017 aveva un valore di 2’800 miliardi di franchi ed era composto da 4,5 milioni di alloggi. Il 40% di questi stabili rappresentava edifici non residenziali mentre ben il 36% case individuali e il 17% immobili collettivi. Interessante notare come questa composizione non si sia modificata negli ultimi dieci anni.
Per comprendere l’importanza di questo settore possiamo anche dare un’occhiata al rapporto annuale sulle banche svizzere pubblicato dalla Banca Nazionale. In questo caso scopriamo che la metà dei 2’000 miliardi di franchi di attivi totali delle attività delle banche svizzere sono debiti ipotecari. Di queste ipoteche ben oltre l’80% sono a tasso fisso. Guardando l’evoluzione dei debiti ipotecari rispetto a 10 anni fa scopriamo una grande crescita per le banche cantonali e le banche Raiffeisen; un po’ meno marcata per le grandi banche.
Anche per il Canton Ticino l’importanza di questo settore è grande: quasi il 6% del Parco immobiliare era nel nostro cantone; dato più o meno confermato anche dal valore delle assicurazioni cantonali degli stabili.
L’analisi per Cantoni consente di vedere le differenze strutturali. Nei cantoni più rurali il contributo maggiore è dato dalle attività di costruzione e produzione. Nei cantoni urbani invece il contributo maggiore è dato dalla gestione dell’immobile e dagli studi di ingegneria e di architettura. Nel nostro caso ad ogni modo segnaliamo che circa il 17% del prodotto interno lordo dipende dal settore immobiliare. Per questo la nostra attenzione verso i rischi deve essere ancora più grande.
Tra le sfide che dovrà affrontare l’immobiliare segnaliamo l’invecchiamento della popolazione, la migrazione dei giovani oltre Gottardo e la stagnazione dei redditi. In aggiunta guardando fuori dalle nostre finestre vediamo un’attività edilizia molto elevata che ha come conseguenza una percentuale di sfitto nel nostro cantone mediamente più alta del livello svizzero. A queste difficoltà dobbiamo aggiungere il cambiamento nell’organizzazione del lavoro, in questo caso pensiamo al telelavoro. Il settore ne risente in termini di uffici occupati, di uso delle attività commerciali come ristoranti e negozi e come pure di modifiche delle preferenze geografiche su dove vivere. Oggi le zone periurbane sembrano svantaggiate. Ma la crisi COVID-19 ha anche cambiato le nostre abitudini di consumo: le vendite online sono diventate prassi e questo potrebbe ripercuotersi sugli spazi commerciali. Infine non dimentichiamo che all’orizzonte si prospetta un aumento dei tassi di interesse.
Quello che possiamo fare è sperare che la crisi del settore immobiliare che dovrebbe avvenire nel 2023 questa volta non rispetti le previsioni degli economisti e tardi di qualche anno.

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