Bitcoin: i furti virtuali, sono reali?

I furti virtuali, sono reali? A Lugano nello scorso mese di settembre sono stati rubati 12 milioni di franchi. No non è successo nel solito bancomat fatto esplodere, questa volta parliamo di 12 milioni di franchi in Bitcoin. Ricordiamo che questa criptovaluta, che è sicuramente la più famosa, è stata creata nel 2009 e da allora appassiona economisti, investitori, ma anche gente comune. A iniziare dalla sua stessa natura. Una moneta per essere considerata tale deve avere almeno tre caratteristiche: essere accettata generalmente come mezzo di pagamento, essere riconosciuta come unità di conto da uno Stato e rappresentare una riserva di valore (non oscillare né troppo né troppo in fretta). Anche se ad oggi El Salvador è stato il primo paese a riconoscere il Bitcoin come moneta ufficiale, questa moneta virtuale, come tutte le sue sorelle, al momento non può ritenersi una moneta. E quindi come mai ci si appella alle autorità per trovare i ladri di criptovalute?
La particolarità delle monete virtuali, o meglio della maggioranza di queste, e che il loro uso e il loro possesso sono assolutamente anonimi. Non a caso, molte autorità di vigilanza hanno cercato di introdurre dei limiti oltre i quali è necessario identificarsi per svolgere le transazioni. Peccato, che la maggior parte delle transazioni non avvengano su mercati finanziari controllati da queste autorità. E non a caso uno dei punti più oscuri nell’uso delle criptovalute è legato al riciclaggio e all’attività criminale. Pensiamo a quello che sta accadendo agli “investimenti“ milionari che vengono fatti attraverso acquisti di Non fungible token, (beni che esistono solo nei mondi virtuali) o addirittura in veri e propri, scusate il gioco di parola, mondi virtuali. Per farla breve potreste comprare alla vostra persona virtuale una casa virtuale in un mondo virtuale pagandola con le monete virtuali ma che avete comperato con milioni di franchi svizzeri reali.

Ora, potrei sbagliarmi, ma l’impressione è che i detentori di monete virtuali non vogliano che la loro identità e i loro patrimoni siano noti alle autorità, anche solo perché questo per esempio significherebbe concretamente pagare le imposte. È a questo punto che mi sorge qualche dubbio logico e anche etico. Come possono le autorità intervenire per tutelare il diritto sacrosanto alla proprietà privata quando riteniamo che questa non debba essere nota? Ad oggi la maggioranza del mondo delle criptovalute è un mondo assolutamente anonimo, criptato, opaco in cui non esistono basi legali che disciplinano queste attività. Quindi come tutelarle?

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Mentre Madoff muore, il Bitcoin vola

“Amici, che rimanga tra di noi, ho un grande affare da proporvi. Cosa dovete fare? Niente di particolare. Datemi la cifra che volete e io vi garantisco un tasso di interesse almeno del 10%. Sì, avete capito bene, proprio del 10%. Naturalmente quando vorrete ritirarvi io vi restituisco tutto quanto avete investito. Sapete, in tutti questi anni, anche come presidente del Nasdaq, ho sicuramente imparato tanto. E ora vorrei fare crescere i nostri affari. Se volete farne parte, come ha fatto anche Steven (Spielberg), la porta è aperta. In effetti, se ci sono importanti fondi e banche che stanno investendo nelle mie aziende, io vorrei davvero che ci foste anche voi, cari amici”

Secondo me, Bernard Lawrence Madoff per creare la più grande truffa del secolo l’ha raccontata così ai suoi amici. Madoff aveva fondato la sua prima società nel 1960 con soli 5 mila dollari; cinquant’anni dopo aveva amministrato 65 miliardi di dollari, la maggior parte andati in fumo. Un genio? Sicuramente un persuasore. Quanto lo è stato l’italiano Carlo Ponzi che all’inizio del Novecento è andato a cercare fortuna in America. Alla stessa maniera Madoff è stato bravo a ingolosire il già bramoso animo umano. Un po’ come il fiore attira l’ape per essere impollinato, così fa il marketing piramidale. E lo schema Ponzi ne è il rappresentante più celebre.

Questo genere di affari si basa sul reclutamento. Il guadagno c’è, peccato che di solito sia limitato al fondatore dell’affare e ai primi partecipanti. Facciamo un esempio facile. In cambio del 10% di interesse, voi investite 1’000 franchi nella mia azienda. Per pagare il vostro tasso di interesse, io trovo altre persone che investono 1’000 franchi oppure addirittura le trovate voi. Per pagare il loro interesse, ne troveremo ancora delle altre. Vi direte e che cosa c’è di male? Niente se non fosse che io uso i vostri soldi per i miei scopi: una bella villa direi a Montecarlo, uno yacht, qualche automobile di lusso, gioielli, vacanze da sogno, feste tra noi multimilionari, … Insomma, ad un certo punto i nuovi “investitori” non basteranno più e quando verrete a chiedermi indietro i vostri 1’000 franchi, saranno svaniti. Madoff è stato condannato a 150 anni di reclusione per aver truffato 37’000 persone in 136 Paesi. È morto qualche giorno fa.

Ma le truffe in economia sono vecchie quanto l’economia stessa e fanno presa sempre sull’ingordigia e sull’avidità umana. John Law nel 1720 riesce a far crescere in maniera vertiginosa il valore delle azioni della Compagnie d’Occident creata per sfruttare ricchissime miniere d’oro della Louisiana. Riesce anche a coinvolgere e a far garantire queste azioni dalla Banca Reale francese. Peccato che in quella zona della Louisiana ci fossero solo paludi.

Non da meno Gregor MacGregor che attorno al 1820 riuscì a far credere a tutti di essere il Principe di Poyais, una nazione indipendente nella Baia di Honduras. Non solo riuscì a raccogliere investimenti di tante persone che volevano trarre profitto da questa terra ricchissima di miniere di oro e d’argento, ma riuscì persino a piazzare in Borsa a Londra le obbligazioni. Peccato che Poyais esistesse solo nella fervida immaginazione di MacGregor.

Oggi, i paesaggi immaginari, nei quali si svolge l’eterna commedia dell’avidità e della creduloneria umana, sono molto meno suggestivi delle fertili città honduriane o delle sconfinate pianure della Louisiana. Oggi può svolgersi semplicemente nello studio di casa vostra dietro la lucina dello schermo del computer. Bitcoin, ne avete mai sentito parlare?

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Piove sul bagnato: Elon Musk e i ricchi sempre più ricchi

Piove sul bagnato. O forse si conferma semplicemente una regola che da sempre conosciamo in macroeconomia. C’è una sorta di circolo virtuoso che fa sì che grossi patrimoni abbiano la possibilità di generare redditi più grandi che a loro volta alimentano il patrimonio. Insomma per farla breve, i ricchi grazie al fatto di essere ricchi risparmiano di più e possono fare investimenti più redditizi, guadagnare di più e diventare ancora più ricchi. Questa è una delle ragioni che spiega perché la ricchezza è concentrata nelle mani di pochi.
Elon Musk ha capito bene questo meccanismo e sta cercando di far lievitare il suo già cospicuo patrimonio. Per chi non lo conoscesse, Musk è un giovane imprenditore che annovera tra le sue tante attività quelle di Paypal (il sistema di pagamenti e di trasferimento digitale di denaro), Space X (azienda con l’obiettivo di effettuare trasporti interplanetari), Tesla (che si occupa di auto elettriche e sistemi di stoccaggio energetico) e più recente Neuralink che vorrebbe collegare il cervello umano all’intelligenza artificiale. Di certo le idee innovative non gli mancano.
Se è vero che Musk in questi anni è balzato agli onori della cronaca in diverse occasioni, oggi lo ritroviamo protagonista in ambiti magari meno innovativi, ma altrettanto redditizi.
Qualche settimana fa Tesla ha deciso di comperare 1,5 miliardi di dollari in Bitcoin. Il prezzo è immediatamente schizzato alle stelle. Ma non solo. Tesla ha annunciato che potrebbe ben presto accettare il Bitcoin come forma di pagamento per le sue autovetture. Sarebbe la prima azienda in questo settore ad accettare e sdoganare le cripto valute.
Fino a qualche ora fa pareva che questa operazione avesse già fruttato a Tesla 1 miliardo di guadagno. Insomma, vedete che piove sul bagnato?
Ma il genio e la potenza di questo individuo non si sono fermati qui. E così è stato sufficiente che postasse sui suoi profili social delle immagini che si potevano ricollegare a un’altra criptovaluta (Dogecoin) per far aumentare vertiginosamente il suo valore.
Dopo il caso Gamestop che ha messo in evidenza i grandi limiti della finanza bisognerebbe ora interrogarsi anche sulle criptovalute e sull’estrema facilità con cui è possibile influenzarne il valore. Per il momento verso l’alto, ma vedremo cosa accadrà in futuro.
C’è chi di recente ha sostenuto che il valore di 1 Bitcoin potrebbe ben presto raggiungere il milione di dollari. Ma fino a che punto i nostri sistemi economici, quelli fatti di economia reale, potranno assorbire i contraccolpi che questi giochi d’azzardo causeranno al mondo intero? Quante aziende e quante migliaia di posti di lavoro perderemo a causa di questa speculazione sfrenata? Da sempre l’uomo combatte con quella sua parte che vorrebbe successo, fama, denaro senza nessuna fatica. E da sempre sappiamo che non esiste reddito senza lavoro. Eppure, ogni volta andiamo oltre.
Non solo speculiamo, ma addirittura manipoliamo la speculazione a nostro vantaggio.
Proprio mentre scriviamo il valore del Bitcoin si è ridotto di 10 mila dollari e Tesla ha perso oltre l’8% in borsa.
Speriamo che le conseguenze dei capricci del multimiliardario non debbano essere pagate dai suoi collaboratori…

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Fonte: https://www.leganerd.com/

L’anno che sta arrivando… tra un anno passerà

Prima di gettarci nel nuovo anno e nei nuovi avvenimenti economici che ci accompagneranno, facciamo una brevissima carrellata sugli ultimi fatti del 2020.
Negli ultimi giorni ci hanno comunicato che la Banca Nazionale Svizzera (BNS) nel III trimestre del 2020 ha comperato “solo” 11 miliardi di franchi in divise. Questa manovra serve a contenere l’apprezzamento del franco svizzero. Strategia, questa, che la BNS ha messo in atto già nei primi 6 mesi dell’anno, comperando ben 90 miliardi di franchi in divise. Per avere un termine di paragone, il record nell’acquisto, era nel 2015 e ammontava per l’intero anno a 86.1 miliardi di franchi. Quindi, record superato.
Sempre sul fronte nazionale, la borsa svizzera ha dichiarato attraverso il suo responsabile di voler rimanere indipendente dando anche ad intendere che la strategia di acquisizione di altre attività europee iniziata nel corso di quest’anno potrebbe proseguire. Questo in virtù del fatto che “più grande è la dimensione di una borsa, tanto più conta il suo parere” a livello decisionale. Speriamo anche in questo caso che non si faccia il passo più lungo della gamba.
Le prime analisi di chiusura dell’anno fatte da startups.ch dicono che in apparenza, un po’ paradossalmente, nel 2020 sono state create 46’842 nuove imprese, con una crescita del 5% rispetto all’anno prima. I settori più attivi imprenditorialmente risultano quelli legati al commercio online, al settore sanitario e informatico; in ragionevole calo le attività legate al turismo e al tempo libero. Tuttavia, la geografia delle “neo-nate” imprese (che non me ne si voglia vedremo quanto vivranno) è molto diversa: lo spirito imprenditoriale pare molto sviluppato nella Svizzera nordoccidentale, in quella centrale, in quella orientale e a Zurigo. Trend contrario in Romandia dove si segnala un calo del 4% e in Ticino dove il calo è stato addirittura del 16%. Facile, vedere subito una correlazione con le regioni che hanno vissuto in maniera più drammatica gli effetti del Covid-19. Nonostante questo entusiasmo finiamo dicendo che sempre secondo i dati di questa piattaforma il 2020 è stato caratterizzato da quasi 2’500 fallimenti, l’88% in più rispetto al 2019.
A questa notizia possiamo legare la valutazione fatta da JP Morgan che ritiene ci sarà un importante aumento di acquisizioni e fusioni nel 2021 in risposta alla crisi pandemica e alla necessità da una parte di aumentare gli introiti dall’altra di ridurre i costi.
Sul fronte internazionale segnaliamo la firma del presidente Trump al pacchetto di aiuti economici da 900 miliardi di dollari voluto per dare sostegno alle famiglie e alle imprese toccate dalla crisi del Covid-19. Il provvedimento, che si basa su un sistema di sicurezza sociale molto diverso dal nostro, concerne i sussidi ai disoccupati, gli aiuti contro gli sfratti e il pagamento degli affitti, i sussidi per le aziende, come anche per ristoranti, hotel, compagnie aree, oltre a fondi per la distribuzione del vaccino.
Altra notizia legata agli Stati Uniti è quella di escludere tre aziende di telecomunicazione cinesi da Wall Street, Borsa di New York. Questa decisione dipende dal decreto voluto da Trump che prescrive il divieto di investimenti americani in aziende vicine all’esercito cinese. Il paradosso sta nel fatto che nell’ultimo decennio proprio la Borsa americana abbia cercato in tutte le maniere di convincere aziende cinesi a quotarsi sul loro listino.
E infine, notizia di pochi minuti fa il Bitcoin (tema già discusso in questo blog) ha superato i 30 mila dollari di valore: un bell’inizio dell’anno per chi li ha comperati… Insomma, come sempre in economia, c’è chi guadagna e chi perde… speriamo che prima o poi sarà la maggioranza a vincere…

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La tua casa per un bulbo di tulipano?

Qualche giorno fa il Bitcoin (che ricordiamo è una moneta virtuale creata “a computer”) ha raggiunto il suo valore storico massimo di circa 20’000 dollari. Nulla di straordinario, se non guardiamo alla sua crescita da marzo quando valeva 5’000 dollari. Insomma, un rendimento del 300% in pochi mesi. Per chi ha investito nel momento giusto, decisamente un affare.
Questa criptovaluta è stata creata nel 2009 e da oltre un decennio appassiona gli economisti, ma anche gli investitori e gli ingegneri.
All’inizio si credeva che potesse diventare una moneta, ma di fatto non lo è. La moneta per essere considerata tale deve avere almeno tre caratteristiche: essere accettata generalmente come mezzo di pagamento, essere riconosciuta come unità di conto da uno Stato e rappresentare una riserva di valore, ossia non oscillare troppo e troppo in fretta. Quindi, no il Bitcoin non è una moneta.
Questa criptovaluta ha inoltre un’altra particolarità: tranne in casi speciali, il suo uso è assolutamente anonimo e quindi essa è ritenuta una via per il riciclaggio. Proprio in questi giorni l’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (FINMA) ha deciso che sarà necessario identificarsi per svolgere transazioni a partire da 1’000 franchi.
Detto questo, alcuni cantoni e anche alcuni Comuni in Svizzera, hanno provato a utilizzare i Bitcoin come mezzi di pagamento, ma riscontrando poco interesse nella popolazione.
Ora però gli esperti valutano un’altra possibilità per le criptovalute: diventare piano, piano una forma di investimento come l’oro.
A me però piace ricordare come finì la corsa ai tulipani nella metà del ‘600. I tulipani arrivati dalla Turchia, avevano subito conquistato il cuore degli olandesi. In pochi anni il loro valore raggiunse cifre astronomiche. Un bulbo poteva costare fino a 20 volte il salario di un anno. C’era chi vendeva terreni, case e altri beni per comperare bulbi di tulipano che addirittura dovevano ancora nascere.
I tulipani finirono perfino per essere quotati in Borsa. Ma a un certo punto anche questa bolla scoppiò: un focolaio di peste mandò deserta un’asta di bulbi facendo cambiare improvvisamente l’opinione degli investitori. E quando si tirarono le somme, qualcuno aveva fatto guadagni enormi, ma molti, la maggior parte, avevano perso tutto.
Bizzarro, vero, pensare di vendere la propria casa per dei bulbi di tulipani? Eppure qualche volta azzardiamo investimenti in alcuni prodotti finanziari o in criptovalute che si differenziano di poco dai nostri tulipani…

La versione audio: La tua casa per un bulbo di tulipano?