I prezzi continuano ad aumentare. Lo so che starete pensando “che noia, non si parla d’altro!”. E in effetti è proprio così. Cerchiamo di mettere un po’ di ordine e capire perché l’aumento dei prezzi è il grande tema di interesse di questi mesi. Molti tendono ad attribuire alla maledetta guerra, che purtroppo va ancora avanti in Ucraina, la colpa dell’inflazione. Nei fatti le cose non stanno proprio così.
Come abbiamo scritto anche noi in questo portale (qui) già nel mese di settembre del 2021 si vedevano le prime avvisaglie di questa inflazione: negli Stati Uniti l’indice dei prezzi al consumo segnava aumenti del 5.4% e in Germania del 4.5% (mai così alta da 28 anni a questa parte). Il 13 ottobre 2021 sempre su questo sito pubblicavamo l’articolo “Novanta franchi per un pieno? L’inflazione è arrivata”; in questo articolo discutevamo dell’aumento del prezzo del petrolio.
Ma visto che non ci bastano “solo” le nostre conferme in questi giorni uno studio svolto dall’Osservatorio dei Conti Pubblici italiani dell’Università Cattolica conferma che la maggior parte degli aumenti dei prezzi è precedente al conflitto. L’80% dell’aumento del prezzo del gas, come pure il 79% di quello del petrolio, il 50% del carbone e tra il 50% e il 75% del prezzo dei cereali erano già avvenuti prima della guerra. Questo significa che se anche se la guerra finisse, e ce lo auguriamo tutti, e quindi si tornasse ai prezzi precedenti al conflitto, saremmo comunque in una situazione di inflazione.
Questo perché, non ci stanchiamo di dirlo, le cause sono “strutturali”. I ritardi nelle catene di approvvigionamento, l’impennata dei costi energetici anche in vista dei cambiamenti richiesti dalla crisi climatica, la carenza di materie prime e prodotti, l’aumento della domanda post- pandemia, la mancanza di manodopera per alcuni lavori poco retribuiti e le ingenti quantità di liquidità immesse dalle banche centrali, sono cause che nulla hanno a che vedere con la guerra.
Ma chi sono i perdenti in questa situazione? Tutte le persone che hanno un salario fisso stanno diventando più povere, ma la loro speranza è che all’orizzonte ci sia qualche spiraglio nelle trattative sugli aumenti salariali del prossimo anno. Chi sicuramente invece sta già soffrendo tanto sono le persone che hanno come unica entrata una rendita. Pensiamo agli anziani che vivono solo con l’assicurazione vecchiaia e superstiti.
Ma c’è anche un’altra categoria che andrebbe sostenuta immediatamente: le piccole e medie imprese del Cantone. Certo non tutte stanno subendo alla stessa maniera l’aumento dei costi, ma molte sono oramai con l’acqua alla gola perché hanno già dovuto far capo a tutti i risparmi di una vita per superare la crisi legata alla pandemia. Non aspettiamo che la situazione degeneri. Lo Stato ha tutte le possibilità di dare risposta al grido d’aiuto delle piccole medie imprese che, non dimentichiamolo, sono l’ossatura del nostro paese.
