Gamestop: Game over? La speculazione finanziaria non è mai giusta

Azioni, obbligazioni, operazioni su opzioni, prodotti strutturati e ancora futures e forward, hedge fund, prodotti a leva… il mondo della finanza è complicato. E complicati sono gli strumenti finanziari se non si è del mestiere. Per questo noi ci limiteremo a cercare di capire cosa è accaduto al valore delle azioni dell’azienda Gamestop.
Dubito che i banchieri e i commercianti fiamminghi che si riunivano per fare affari nella piazza davanti il palazzo dei Van der Burse nel 16 secolo immaginavano che la speculazione finanziaria avrebbe raggiunto livelli così elevati. Ma torniamo ai giorni nostri.
GameStop è un’azienda statunitense che vende principalmente videogiochi su dvd. Come potete ben immaginare, dato lo sviluppo del settore digitale e del gioco online, l’azienda da qualche anno versa in condizioni difficili. Nell’aprile del 2020 le sue azioni sono arrivate a valere meno di 3 dollari. A fine anno tuttavia il prezzo era tornato attorno ai 18 dollari, prezzo che potremmo definire ragionevole dati i tentativi dell’azienda di reindirizzare la sua attività. È a questo punto che la faccenda si complica. Alcuni investitori istituzionali, per intenderci fondi che gestiscono miliardi di dollari, hanno visto la possibilità di guadagnare tanto dalle vendite allo scoperto. Questa operazione finanziaria è molto complicata e si fonda sulla scommessa che il prezzo delle azioni dell’azienda diminuirà. Insomma, un po’ come l’avvoltoio che attende la morte della preda. Ma vediamo di capire meglio con un esempio semplice. Il venditore allo scoperto si fa prestare da un intermediario 10 azioni che valgono 10 franchi l’una e le rivende immediatamente sul mercato incassando così 100 franchi. Il venditore allo scoperto dovrà restituire all’intermediario le 10 azioni più un tasso di interesse per il disturbo del prestito. Ma il nostro venditore sa che vendendo le azioni ne causerà la riduzione del prezzo, che effettivamente scende, per esempio, a 6 franchi. È qui che arriva l’avvoltoio che ricompera le 10 azioni spendendo solo 60 franchi e restituendole all’intermediario. Quindi il venditore avrà venduto le azioni per 100 franchi, le avrà ricomprate per 60 e avrà guadagnato 40 franchi con cui pagare gli interessi all’intermediario e fare pure un grande profitto. Ecco, pensate come questa azione fatta da fondi che hanno a disposizione miliardi di dollari possa causare in contemporanea crolli nel valore delle aziende e guadagni elevati per i fondi.
Torniamo alla nostra storia. Capiti gli intenti di “assaltare” Gamestop alcuni piccoli investitori hanno lanciato su un forum l’idea di comperare in massa le sue azioni. Questo acquisto imponente sommato a quello degli investitori allo scoperto che volevano limitare le loro perdite, ha fatto aumentare il prezzo dell’azione da 18 dollari a 460 dollari. Avete capito bene, 460 dollari. Evidentemente chi ha comperato per poco e ha venduto a un prezzo alto ha guadagnato e anche molto.
Ma che cosa differenzia questa speculazione da quella fatta dai venditori allo scoperto? È proprio vero che la speculazione fatta dai piccoli investitori è buona, mentre la speculazione fatta dai grandi è cattiva? In fin dei conti, la speculazione non è sempre speculazione? Beh, se il messaggio di questi Robin Hood della finanza è stato fatto per mettere finalmente regole che impediscono la manomissione dei mercati, ben venga. Se invece i piccoli ci prenderanno gusto e andranno avanti a comportarsi come i grandi, avremo solo dimostrato che l’occasione fa l’uomo ladro.

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Fonte foto: Jakub Porzycki/NurPhoto via Getty Images

L’anno che sta arrivando… tra un anno passerà

Prima di gettarci nel nuovo anno e nei nuovi avvenimenti economici che ci accompagneranno, facciamo una brevissima carrellata sugli ultimi fatti del 2020.
Negli ultimi giorni ci hanno comunicato che la Banca Nazionale Svizzera (BNS) nel III trimestre del 2020 ha comperato “solo” 11 miliardi di franchi in divise. Questa manovra serve a contenere l’apprezzamento del franco svizzero. Strategia, questa, che la BNS ha messo in atto già nei primi 6 mesi dell’anno, comperando ben 90 miliardi di franchi in divise. Per avere un termine di paragone, il record nell’acquisto, era nel 2015 e ammontava per l’intero anno a 86.1 miliardi di franchi. Quindi, record superato.
Sempre sul fronte nazionale, la borsa svizzera ha dichiarato attraverso il suo responsabile di voler rimanere indipendente dando anche ad intendere che la strategia di acquisizione di altre attività europee iniziata nel corso di quest’anno potrebbe proseguire. Questo in virtù del fatto che “più grande è la dimensione di una borsa, tanto più conta il suo parere” a livello decisionale. Speriamo anche in questo caso che non si faccia il passo più lungo della gamba.
Le prime analisi di chiusura dell’anno fatte da startups.ch dicono che in apparenza, un po’ paradossalmente, nel 2020 sono state create 46’842 nuove imprese, con una crescita del 5% rispetto all’anno prima. I settori più attivi imprenditorialmente risultano quelli legati al commercio online, al settore sanitario e informatico; in ragionevole calo le attività legate al turismo e al tempo libero. Tuttavia, la geografia delle “neo-nate” imprese (che non me ne si voglia vedremo quanto vivranno) è molto diversa: lo spirito imprenditoriale pare molto sviluppato nella Svizzera nordoccidentale, in quella centrale, in quella orientale e a Zurigo. Trend contrario in Romandia dove si segnala un calo del 4% e in Ticino dove il calo è stato addirittura del 16%. Facile, vedere subito una correlazione con le regioni che hanno vissuto in maniera più drammatica gli effetti del Covid-19. Nonostante questo entusiasmo finiamo dicendo che sempre secondo i dati di questa piattaforma il 2020 è stato caratterizzato da quasi 2’500 fallimenti, l’88% in più rispetto al 2019.
A questa notizia possiamo legare la valutazione fatta da JP Morgan che ritiene ci sarà un importante aumento di acquisizioni e fusioni nel 2021 in risposta alla crisi pandemica e alla necessità da una parte di aumentare gli introiti dall’altra di ridurre i costi.
Sul fronte internazionale segnaliamo la firma del presidente Trump al pacchetto di aiuti economici da 900 miliardi di dollari voluto per dare sostegno alle famiglie e alle imprese toccate dalla crisi del Covid-19. Il provvedimento, che si basa su un sistema di sicurezza sociale molto diverso dal nostro, concerne i sussidi ai disoccupati, gli aiuti contro gli sfratti e il pagamento degli affitti, i sussidi per le aziende, come anche per ristoranti, hotel, compagnie aree, oltre a fondi per la distribuzione del vaccino.
Altra notizia legata agli Stati Uniti è quella di escludere tre aziende di telecomunicazione cinesi da Wall Street, Borsa di New York. Questa decisione dipende dal decreto voluto da Trump che prescrive il divieto di investimenti americani in aziende vicine all’esercito cinese. Il paradosso sta nel fatto che nell’ultimo decennio proprio la Borsa americana abbia cercato in tutte le maniere di convincere aziende cinesi a quotarsi sul loro listino.
E infine, notizia di pochi minuti fa il Bitcoin (tema già discusso in questo blog) ha superato i 30 mila dollari di valore: un bell’inizio dell’anno per chi li ha comperati… Insomma, come sempre in economia, c’è chi guadagna e chi perde… speriamo che prima o poi sarà la maggioranza a vincere…

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