Piove sul bagnato: Elon Musk e i ricchi sempre più ricchi

Piove sul bagnato. O forse si conferma semplicemente una regola che da sempre conosciamo in macroeconomia. C’è una sorta di circolo virtuoso che fa sì che grossi patrimoni abbiano la possibilità di generare redditi più grandi che a loro volta alimentano il patrimonio. Insomma per farla breve, i ricchi grazie al fatto di essere ricchi risparmiano di più e possono fare investimenti più redditizi, guadagnare di più e diventare ancora più ricchi. Questa è una delle ragioni che spiega perché la ricchezza è concentrata nelle mani di pochi.
Elon Musk ha capito bene questo meccanismo e sta cercando di far lievitare il suo già cospicuo patrimonio. Per chi non lo conoscesse, Musk è un giovane imprenditore che annovera tra le sue tante attività quelle di Paypal (il sistema di pagamenti e di trasferimento digitale di denaro), Space X (azienda con l’obiettivo di effettuare trasporti interplanetari), Tesla (che si occupa di auto elettriche e sistemi di stoccaggio energetico) e più recente Neuralink che vorrebbe collegare il cervello umano all’intelligenza artificiale. Di certo le idee innovative non gli mancano.
Se è vero che Musk in questi anni è balzato agli onori della cronaca in diverse occasioni, oggi lo ritroviamo protagonista in ambiti magari meno innovativi, ma altrettanto redditizi.
Qualche settimana fa Tesla ha deciso di comperare 1,5 miliardi di dollari in Bitcoin. Il prezzo è immediatamente schizzato alle stelle. Ma non solo. Tesla ha annunciato che potrebbe ben presto accettare il Bitcoin come forma di pagamento per le sue autovetture. Sarebbe la prima azienda in questo settore ad accettare e sdoganare le cripto valute.
Fino a qualche ora fa pareva che questa operazione avesse già fruttato a Tesla 1 miliardo di guadagno. Insomma, vedete che piove sul bagnato?
Ma il genio e la potenza di questo individuo non si sono fermati qui. E così è stato sufficiente che postasse sui suoi profili social delle immagini che si potevano ricollegare a un’altra criptovaluta (Dogecoin) per far aumentare vertiginosamente il suo valore.
Dopo il caso Gamestop che ha messo in evidenza i grandi limiti della finanza bisognerebbe ora interrogarsi anche sulle criptovalute e sull’estrema facilità con cui è possibile influenzarne il valore. Per il momento verso l’alto, ma vedremo cosa accadrà in futuro.
C’è chi di recente ha sostenuto che il valore di 1 Bitcoin potrebbe ben presto raggiungere il milione di dollari. Ma fino a che punto i nostri sistemi economici, quelli fatti di economia reale, potranno assorbire i contraccolpi che questi giochi d’azzardo causeranno al mondo intero? Quante aziende e quante migliaia di posti di lavoro perderemo a causa di questa speculazione sfrenata? Da sempre l’uomo combatte con quella sua parte che vorrebbe successo, fama, denaro senza nessuna fatica. E da sempre sappiamo che non esiste reddito senza lavoro. Eppure, ogni volta andiamo oltre.
Non solo speculiamo, ma addirittura manipoliamo la speculazione a nostro vantaggio.
Proprio mentre scriviamo il valore del Bitcoin si è ridotto di 10 mila dollari e Tesla ha perso oltre l’8% in borsa.
Speriamo che le conseguenze dei capricci del multimiliardario non debbano essere pagate dai suoi collaboratori…

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Fonte: https://www.leganerd.com/

Gamestop: Game over? La speculazione finanziaria non è mai giusta

Azioni, obbligazioni, operazioni su opzioni, prodotti strutturati e ancora futures e forward, hedge fund, prodotti a leva… il mondo della finanza è complicato. E complicati sono gli strumenti finanziari se non si è del mestiere. Per questo noi ci limiteremo a cercare di capire cosa è accaduto al valore delle azioni dell’azienda Gamestop.
Dubito che i banchieri e i commercianti fiamminghi che si riunivano per fare affari nella piazza davanti il palazzo dei Van der Burse nel 16 secolo immaginavano che la speculazione finanziaria avrebbe raggiunto livelli così elevati. Ma torniamo ai giorni nostri.
GameStop è un’azienda statunitense che vende principalmente videogiochi su dvd. Come potete ben immaginare, dato lo sviluppo del settore digitale e del gioco online, l’azienda da qualche anno versa in condizioni difficili. Nell’aprile del 2020 le sue azioni sono arrivate a valere meno di 3 dollari. A fine anno tuttavia il prezzo era tornato attorno ai 18 dollari, prezzo che potremmo definire ragionevole dati i tentativi dell’azienda di reindirizzare la sua attività. È a questo punto che la faccenda si complica. Alcuni investitori istituzionali, per intenderci fondi che gestiscono miliardi di dollari, hanno visto la possibilità di guadagnare tanto dalle vendite allo scoperto. Questa operazione finanziaria è molto complicata e si fonda sulla scommessa che il prezzo delle azioni dell’azienda diminuirà. Insomma, un po’ come l’avvoltoio che attende la morte della preda. Ma vediamo di capire meglio con un esempio semplice. Il venditore allo scoperto si fa prestare da un intermediario 10 azioni che valgono 10 franchi l’una e le rivende immediatamente sul mercato incassando così 100 franchi. Il venditore allo scoperto dovrà restituire all’intermediario le 10 azioni più un tasso di interesse per il disturbo del prestito. Ma il nostro venditore sa che vendendo le azioni ne causerà la riduzione del prezzo, che effettivamente scende, per esempio, a 6 franchi. È qui che arriva l’avvoltoio che ricompera le 10 azioni spendendo solo 60 franchi e restituendole all’intermediario. Quindi il venditore avrà venduto le azioni per 100 franchi, le avrà ricomprate per 60 e avrà guadagnato 40 franchi con cui pagare gli interessi all’intermediario e fare pure un grande profitto. Ecco, pensate come questa azione fatta da fondi che hanno a disposizione miliardi di dollari possa causare in contemporanea crolli nel valore delle aziende e guadagni elevati per i fondi.
Torniamo alla nostra storia. Capiti gli intenti di “assaltare” Gamestop alcuni piccoli investitori hanno lanciato su un forum l’idea di comperare in massa le sue azioni. Questo acquisto imponente sommato a quello degli investitori allo scoperto che volevano limitare le loro perdite, ha fatto aumentare il prezzo dell’azione da 18 dollari a 460 dollari. Avete capito bene, 460 dollari. Evidentemente chi ha comperato per poco e ha venduto a un prezzo alto ha guadagnato e anche molto.
Ma che cosa differenzia questa speculazione da quella fatta dai venditori allo scoperto? È proprio vero che la speculazione fatta dai piccoli investitori è buona, mentre la speculazione fatta dai grandi è cattiva? In fin dei conti, la speculazione non è sempre speculazione? Beh, se il messaggio di questi Robin Hood della finanza è stato fatto per mettere finalmente regole che impediscono la manomissione dei mercati, ben venga. Se invece i piccoli ci prenderanno gusto e andranno avanti a comportarsi come i grandi, avremo solo dimostrato che l’occasione fa l’uomo ladro.

La versione audio: Gamestop: Game over? La speculazione finanziaria non è mai giusta
Fonte foto: Jakub Porzycki/NurPhoto via Getty Images

La tua casa per un bulbo di tulipano?

Qualche giorno fa il Bitcoin (che ricordiamo è una moneta virtuale creata “a computer”) ha raggiunto il suo valore storico massimo di circa 20’000 dollari. Nulla di straordinario, se non guardiamo alla sua crescita da marzo quando valeva 5’000 dollari. Insomma, un rendimento del 300% in pochi mesi. Per chi ha investito nel momento giusto, decisamente un affare.
Questa criptovaluta è stata creata nel 2009 e da oltre un decennio appassiona gli economisti, ma anche gli investitori e gli ingegneri.
All’inizio si credeva che potesse diventare una moneta, ma di fatto non lo è. La moneta per essere considerata tale deve avere almeno tre caratteristiche: essere accettata generalmente come mezzo di pagamento, essere riconosciuta come unità di conto da uno Stato e rappresentare una riserva di valore, ossia non oscillare troppo e troppo in fretta. Quindi, no il Bitcoin non è una moneta.
Questa criptovaluta ha inoltre un’altra particolarità: tranne in casi speciali, il suo uso è assolutamente anonimo e quindi essa è ritenuta una via per il riciclaggio. Proprio in questi giorni l’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (FINMA) ha deciso che sarà necessario identificarsi per svolgere transazioni a partire da 1’000 franchi.
Detto questo, alcuni cantoni e anche alcuni Comuni in Svizzera, hanno provato a utilizzare i Bitcoin come mezzi di pagamento, ma riscontrando poco interesse nella popolazione.
Ora però gli esperti valutano un’altra possibilità per le criptovalute: diventare piano, piano una forma di investimento come l’oro.
A me però piace ricordare come finì la corsa ai tulipani nella metà del ‘600. I tulipani arrivati dalla Turchia, avevano subito conquistato il cuore degli olandesi. In pochi anni il loro valore raggiunse cifre astronomiche. Un bulbo poteva costare fino a 20 volte il salario di un anno. C’era chi vendeva terreni, case e altri beni per comperare bulbi di tulipano che addirittura dovevano ancora nascere.
I tulipani finirono perfino per essere quotati in Borsa. Ma a un certo punto anche questa bolla scoppiò: un focolaio di peste mandò deserta un’asta di bulbi facendo cambiare improvvisamente l’opinione degli investitori. E quando si tirarono le somme, qualcuno aveva fatto guadagni enormi, ma molti, la maggior parte, avevano perso tutto.
Bizzarro, vero, pensare di vendere la propria casa per dei bulbi di tulipani? Eppure qualche volta azzardiamo investimenti in alcuni prodotti finanziari o in criptovalute che si differenziano di poco dai nostri tulipani…

La versione audio: La tua casa per un bulbo di tulipano?