La fine delle auto elettriche e le mille contraddizioni dell’Unione Europea

Prima hanno pensato bene di obbligarci a comperare esclusivamente automobili elettriche vietando dal 2035 la vendita di quelle a combustione fossile, ora vogliono pure obbligarci a comprare i veicoli che scelgono loro. E sapete di chi parliamo? Della Russia o della Cina, che per certi versi rimangono ancora vicine a un’idea di economia un po’ pianificata? No, parliamo dell’Unione Europea, proprio quell’istituzione nata sull’idea di un mercato libero e aperto Le decisioni prese negli ultimi anni, tuttavia, sembrano mostrare che il libero mercato piace fintantoché si vince. Ma andiamo con ordine.
In questi giorni i paesi membri dell’Unione Europea (anche se non all’unanimità) hanno approvato l’imposizione dei dazi sulle automobili elettriche cinesi. Di questo provvedimento si parla già da diversi mesi, ma ora si sta concretizzando. La stessa decisione era stata presa durante il mese di maggio dal paese più liberale del globo, gli Stati Uniti. In questo caso, l’aumento è stato dal 25 al 100%, e non si è limitato solo alle automobili, ma ha toccato anche l’acciaio, l’alluminio, le batterie, i semiconduttori e pure i pannelli solari. A prendere questa decisione è stato il Presidente Biden che durante la campagna per la sua elezione del 2020 aveva proprio fatto della contrarietà a questa misura uno dei suoi cavalli di battaglia contro il Presidente Trump. Alla base di questa decisione c’è stata una semplice analisi economica: la Cina è il leader mondiale nelle produzioni legate alla transizione ecologica.
L’accusa mossa a Pechino è quella di sovvenzionare i suoi produttori per tenere bassi i prezzi e riuscire a vendere in tutti i principali mercati. È probabile che ciò avvenga, d’altronde è esattamente ciò che hanno fatto anche gli Stati Uniti annunciando nel 2022 l’Inflation Reduction Act, il programma che prevede sussidi miliardari per le tecnologie pulite prodotte sul territorio statunitense. E qui vediamo subito una grande contraddizione: se sono gli Stati Uniti a sussidiare la loro industria nazionale va bene, mentre non va bene se lo fanno i cinesi.
E come hanno reagito i paesi dell’Unione Europea? Di fronte all’evidente fallimento del mercato delle automobili elettriche, anziché interrogarsi sulle decisioni sbagliate prese in passato, hanno pensato di perseverare nell’errore impedendo a quei pochi cittadini ancora decisi a comperare un’automobile elettrica, di poterlo fare ad un prezzo ragionevole. L’errore di fondo è pensare che la motivazione ambientalista sarà sufficiente a compensare un prezzo per i veicoli europei che è quasi il doppio rispetto a quello cinese.
Non fraintendiamoci, vogliamo proteggere le industrie e i lavoratori di un paese. Ciò che però non può essere fatto è pensare di poter controllare e obbligare i consumatori a scelte radicali come quelle europee, impedendo loro anche di farle a dei prezzi ragionevoli. La leadership si mantiene con il progresso, non con i divieti.
La segreteria di Stato dell’economia svizzera (SECO) ha prontamente precisato che queste regole europee non si applicano alla nostra nazione anche perché l’accordo di libero scambio in vigore dal 1 gennaio 2024 con la Cina prevede l’esenzione totale dei dazi doganali sui loro prodotti industriali.
Ma non finisce qui. Solo poche ore prima, l’Unione Europea ha dichiarato che non accetterà nessuna clausola di salvaguardia che la Svizzera vorrebbe applicare in relazione alla libera circolazione delle persone. Ancora una volta quindi, l’Unione Europea si mostra un’istituzione favorevole al libero mercato quando ci guadagna e assolutamente contraria quando ci perde. Questo dovrebbe far capire che anche i nuovi accordi tra Svizzera e Unione Europea probabilmente avranno vita breve.

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