È ufficiale: Credit Suisse, la seconda più grande Banca svizzera, da venerdì 31 maggio 2024 non esiste più. In questa data la gloriosa banca fondata nel 1856, dopo oltre 160 anni di storia, è stata cancellata dal registro di commercio del Canton Zurigo. Ma facciamo un passo indietro.
Era il 19 marzo 2023 quando UBS, dopo un insistente “invito” del governo svizzero, ha annunciato l’acquisizione di Credit Suisse. La seconda banca svizzera era ormai prossima al fallimento a causa di errori commessi da tutto il management negli anni precedenti. Le decisioni peggiori erano state prese e gli scandali come Wirecard, Archegos Capital Management, Greensill Capital uniti a storie di corruzione non potevano non distruggere questa azienda.
Ci si è interrogati a lungo sulle tre possibili strade: far fallire Credit Suisse, pensare a una statalizzazione o fare pressioni affinché UBS l’acquisisse. A distanza di oltre un anno di tempo non possiamo non comprendere come questa sia stata la decisione più saggia per impedire fallimenti a catena di altre banche e le implicazioni su aziende e famiglie, probabilmente non solo in Svizzera.
Oggi si cerca di comprendere quale sarà l’impatto della presenza di un’unica grandissima banca, soprattutto in termini di rischio per la Nazione e in termini di posti di lavoro. Sono preoccupazioni più che legittime, ma sarebbe un errore pensare che i processi di acquisizioni e fusioni nel settore finanziario siano terminati, anzi.
Guardando alla realtà svizzera le voci internazionali ormai si fanno sempre più forti per quanto riguarda l’interesse di Julius Baer ad acquisire EFG International. Ma non finisce qui. Anche in termini di singole banche il fermento nell’accorpare succursali e agenzie regionali sembra solo all’inizio.
Certo, i cambiamenti e l’incertezza sul futuro spaventano, tuttavia ciò che è ancora più pericoloso è fingere di non vedere le pressioni a cui il sistema bancario e finanziario svizzero è sottoposto.
Non è girandosi dall’altra parte che garantiremo alle nostre banche il sostegno necessario per poter non solo sopravvivere, ma rimanere competitive a livello internazionale. Ora è il momento di avere condottieri coraggiosi che credano nel nostro Paese e non manager al soldo dei bonus.




