Come nascono le teorie economiche? Si potrebbe pensare che gli economisti si siedano alla loro scrivania e comincino a pensare. Pensa, che ti pensa, che ti ripensa arriva qualche idea geniale. Un po’ come facevo io immaginando i filosofi quando li studiavo al liceo. Invece quello che fanno gli economisti o meglio che tentano di fare gli economisti è guardare la realtà che vivono e trovare delle teorie che la sappiano spiegare.
Così i bullionisti che sono stati i primi rappresentanti di una corrente economica, individuavano nella quantità di oro la possibilità per una nazione di aumentare la sua ricchezza. Questa riflessione nasceva dal fatto che allora i territori si conquistavano con la guerra e la guerra la facevano i mercenari che dovevano essere pagati in monete di oro. Avete visto com’è facile?
Arrivano poi i mercantilistica che aprendo la loro finestra vedono la ripresa dei commerci internazionali, la scoperta di nuove terre, la rinascita dei mercati e individuano nel comportamento dei mercanti la maniera di far progredire una nazione. Esattamente come loro il guadagno crescerà se vendiamo più di quello che compriamo; così la politica economica diventerà una politica a sostegno delle esportazioni e molto protezionista verso le importazioni.
Ma il mondo cambia e aprendo la finestra il nostro Adam Smith vede l’arrivo della rivoluzione industriale. Non basta più solo vendere, bisogna anche produrre di più. E per produrre di più sarà necessario organizzare il lavoro in maniera diversa. Grazie alla divisione del lavoro aumenterà la produzione, ma visto che la produzione aumenterà sarà necessario liberalizzare il commercio affinché si possa vendere anche al di fuori delle proprie nazioni. Smith non mancherà di mettere in evidenza i rischi della suddivisione del lavoro, rischi che condurranno la classe operaia in condizioni sempre peggiori.
Proprio a partire da questo Karl Marx formulerà la sua tesi economica che si fonda sul comunismo, che è il superamento del modello capitalista che fa proprio dell’accumulazione di capitale e della proprietà privata i punti centrali. Agli occhi di Marx le condizioni drammatiche degli operai avrebbero potuto essere superate solo con la fine del capitalismo.
Lo scenario è di quelli da far venire i brividi: lotte, rivolte, rivoluzioni, battaglie, disperazione, povertà saranno i sacrifici da mettere in conto per arrivare al comunismo.
Ma qualcun altro apre la finestra in Europa non vuole vedere questo genere di scontri e così nasce la teoria marginalista che farà dell’analisi individuale (quindi non più delle classi) e dell’ armonia degli interessi i suoi punti centrale. Bastano due curve su un grafico, quella della domanda e quella dell’offerta, per raggiungere il punto di equilibrio in cui tutti sono d’accordo. A quel prezzo e a quella quantità si risolvono i conflitti.
Se apriamo la nostra finestra oggi vediamo un mondo diverso, e proprio per questo dobbiamo invitare gli economisti a creare nuove teorie, tesi e modelli per rendere la nostra economia migliore e ancora più al beneficio delle persone.
