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Le proverbiali mosse impreviste della Banca Nazionale Svizzera

La Banca Nazionale Svizzera (BNS) ha inaspettatamente aumentato il tasso di interesse di riferimento dello 0.5%. Inaspettatamente perché pochi giorni prima la Banca centrale europea, che è il nostro “faro guida” nelle decisioni di politica economica ha annunciato sì un aumento, ma graduale: 0.25 punti percentuali adesso e se necessario un secondo aumento tra qualche mese. Ma non è la prima volta che la Banca Nazionale ci sorprende. Pensiamo a quando ha deciso prima di introdurre la soglia minima di cambio tra il franco e l’euro e poi quando ha deciso di toglierla. E proprio l’imprevedibilità di questi annunci, di solito, ne garantisce una maggiore efficacia. Speriamo che anche questa volta la mossa della BNS porti i suoi frutti e riesca a contenere l’aumento dei prezzi. Il dato del mese di maggio parlava di un incremento del 2.9% in Svizzera. Certo, nulla in confronto agli aumenti dell’8.6% negli Stati Uniti o in altre nazioni europee, ma comunque una chiara accelerazione.
Nonostante questa tendenza che non sembra al momento volersi fermare, le previsioni del KOF, il centro di ricerca del politecnico federale di Zurigo, rimangono ancora positive. In effetti, anche se un po’ al ribasso la crescita del prodotto interno lordo per quest’anno è stimata al 2.7%. A fare da traino è ancora il consumo privato che dovrebbe aumentare del 4.3% rispetto all’anno scorso. Dati positivi si prevedono anche per le esportazioni (+6%) e le importazioni (+10.5%). Ricordiamo che non avendo noi materie prime dipendiamo per queste e per molti semilavorati dal resto del mondo: comperiamo, trasformiamo, aggiungiamo valore e rivendiamo. Per questo, importazioni che si riducono non sono sempre una buona notizia. E notizie abbastanza buone arrivano anche dagli investimenti in macchinari e beni di equipaggiamento che restano positivi (+1.2%). Meno bene va per il settore delle costruzioni che mostra una riduzione dello 0.8%; probabilmente questo rallentamento dipende anche dall’aumento dei tassi di interesse di riferimento che poi impattano sugli altri tassi di interesse come quelli bancari o quelle ipotecari.
Rimane infine la voce della spesa pubblica. A differenza di altri paesi a noi i vicini, la Svizzera ha deciso da tempo di ridurre il suo intervento a sostegno dell’economia e delle famiglie. Nonostante qualche eccezione che andrebbe sicuramente introdotta, e pensiamo in particolare ai pensionati e alle piccole e medie imprese che soffrono maggiormente per questi aumenti dei prezzi, non possiamo non riconoscere la messa in atto di una politica anticiclica corretta. E proprio questa era la ricetta dell’economista John Maynard Keynes: sì alla spesa pubblica nei momenti di necessità, no allo spreco di risorse dei cittadini.
Tratto da L’Osservatore del 25.06.2022

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Svizzera: i prezzi continuano a salire

I prezzi continuano ad aumentare. Anche in Svizzera. Nel mese di aprile l’indice dei prezzi al consumo, che rappresenta il costo del carrello della spesa del consumatore medio svizzero, è aumentato dello 0.4% rispetto al mese prima. La situazione sembra sotto controllo, ma per esserne certi dobbiamo guardare come si è modificato il prezzo rispetto all’anno scorso. Così scopriamo che l’aumento è stato di ben il 2.5%.

Il rincaro maggiore si registra per i prodotti importati: +6.6%. Per fortuna che il nostro carrello della spesa è principalmente fatto di prodotti svizzeri il cui prezzo è aumentato di “solo” l’1.2% ( i beni dall’estero rappresentano in effetti il 25%).

I principali responsabili degli aumenti sono il petrolio, il gas e le fonti energetiche in generale. Il prezzo dell’energia e del carburante è aumentato in un anno di oltre il 23%; quello dei prodotti petroliferi addirittura di quasi il 40%. Ed ecco spiegati gli aumenti del 10% dei prezzi dei trasporti, del 5.1% del mobilio e degli articoli per la casa, del 4.1% dei costi dell’abitazione e dell’energia. E pensate che le cose in Svizzera vanno ancora bene.

L’inflazione nel resto del mondo ha raggiunto livelli storici impressionanti. Aumenti dell’8.5% negli Stati Uniti, del 7% in Gran Bretagna, del 7.4% in Germania, del 9.8% in Spagna e del 6.2% in Italia. E le conseguenze non tardano ad arrivare. I principali istituti di ricerche economiche internazionali hanno ridotto notevolmente le aspettative di crescita dell’economia mondiale e delle singole nazioni.

La Banca Centrale degli Stati Uniti, la Fed (Federal Reserve Bank), sta cercando di correre ai ripari aumentando i tassi di interesse. Proprio questa settimana li ha incrementati dello 0.5%. Non c’era un aumento così grande dal 2000; in passato gli aumenti non erano mai stati superiori a più di un quarto di punto. 0.25% che è stato l’aumento deciso poche ore dopo dalla Banca Centrale d’Inghilterra BoE (Bank of England) che ha quindi portato il tasso di riferimento all’1%.

Ma perché quando i prezzi aumentano le banche centrali fanno aumentare i tassi di interesse? Il meccanismo è molto complesso, ma noi lo semplifichiamo affinché sia comprensibile. Se aumentiamo i tassi di interesse, le aziende riducono i loro investimenti e i consumatori comperano meno. Questa riduzione della domanda dovrebbe attenuare l’aumento dei prezzi. Tutto bene fino a qui se non fosse che ci sono anche delle conseguenze negative. La riduzione della domanda causa una riduzione della produzione che potrebbe a sua volta causare licenziamenti. In tempi normali si può ricorrere a un sostegno dello Stato, ma non è il caso in questo momento.

Così, in effetti, purtroppo, molti economisti sono preoccupati perché potrebbe verificarsi la presenza contemporanea di inflazione e stagnazione economica con disoccupazione, la famosa e temuta stagflazione. Insomma, il peggiore dei mondi. Attenzione però a dare tutta la colpa alla guerra che è scoppiata in febbraio. Già nel mese di settembre dell’anno scorso i prezzi hanno iniziato a crescere in maniera anomala. Purtroppo la maggioranza degli esperti ha preferito ignorarlo o parlare di fenomeno temporaneo.

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