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Aumentano i frontalieri, partono i residenti

La statistica svizzera questa settimana ci dà molte indicazioni su quanto sta accadendo sul mercato del lavoro in Svizzera e in Ticino.
Gli impieghi in Ticino nel III trimestre (luglio-settembre) sono aumentati sia rispetto ai tre mesi precedenti, sia rispetto a un anno fa. Oggi si contano quasi 243 mila posti di lavoro totali; di questi 137 mila sono occupati da uomini e 106 mila da donne. I posti di lavoro a tempo pieno sono la maggioranza e occupati prevalentemente da uomini (158 mila posti, di cui 109 maschili e 49 femminili). Al contrario degli 85 mila posti a tempo parziale, ben 58 mila sono occupati da donne e 28 mila da uomini. I posti di lavoro in equivalenti a tempo pieno sono oggi circa 199 mila (122 maschili e 77 femminili). Ma è guardando ai settori che scopriamo dinamiche differenti: i posti di lavoro nel settore secondario sono rimasti quasi stabili rispetto a un anno fa; l’aumento è stato registrato soprattutto nel terziario (circa 8 mila posti in più su base annuale, 150 su base trimestrale).
Guardando a questi dati saremmo quindi tentati di parlare di ottime notizie. Ma come sempre c’è un ma…
I dati pubblicati la settimana scorsa dalla Rilevazione sulle forze di lavoro in Svizzera (RIFOS) confermano purtroppo dinamiche già evidenziate tempo fa. Primo: in Ticino ci sono 5’700 svizzeri in meno che lavorano a tempo pieno rispetto a un anno fa (una riduzione di oltre il 7%). Di questi 3’800 sono uomini e 1’800 donne. Guardando in totale (tempo pieno e tempo parziale) la situazione non migliora di molto: il saldo negativo è di 500 uomini in meno e ben 2’500 donne svizzere. Al contrario, c’è stato un importante aumento di occupati stranieri: in totale ci sono 3’100 persone in più (con un aumento di 5’600 persone che hanno un impiego a tempo pieno), 2’900 donne e 200 uomini. Le spiegazioni di questi dati possono essere molteplici: tanti svizzeri dell’era dei baby boomer escono dal mondo del lavoro e vanno in pensione, ci sono meno nascite e quindi meno giovani che cominciano a lavorare e in aggiunta i tempi di formazione sono più lunghi.
Detto questo, non possiamo prescindere da un’analisi del frontalierato, soprattutto nel Cantone Ticino. Grazie al lavoro appena pubblicato dall’Ufficio di statistica cantonale possiamo comprendere molte dinamiche. Per inciso, cogliamo l’occasione per elogiare le analisi svolte da questo ufficio e l’eccellente lavoro fatto dai suoi ricercatori e ricercatrici che ci consente di comprendere la nostra realtà. In questo caso, il recente studio mette in evidenza che “nel tempo, aumentano le persone che da residenti diventano frontaliere, mentre diminuiscono quelle che da frontaliere diventano residenti”. Ed è forse proprio questo il punto che tralasciamo troppo spesso nelle azioni di politica economica di questo Cantone. Il problema non sta di certo nel fatto che si ricorra a manodopera estera per rispondere alle mancanze di personale (è sottinteso fintantoché questa scelta non dipende esclusivamente da un salario più basso ed esercita una concorrenza “sleale” che porta i residenti a dover cercare lavoro altrove). Il problema sta nel fatto che una politica di sviluppo cantonale dovrebbe avere come obiettivo che queste persone si insedino nel nostro Cantone e diventino parte attiva della nostra comunità. Certo, le soluzioni non sono facili, ma almeno parlarne apertamente consentirebbe di lavorare tutti nella stessa direzione.

In Svizzera i ticinesi diventano sempre più poveri

L’analisi fatta di recente dalla Banca Cler insieme all’istituto BAK Economics mostra l’andamento dei redditi e dei patrimoni tra il 2007 e il 2017 (https://bit.ly/2YoQ73o). Quest’analisi permette di evidenziare il percorso di crescita differente che sta facendo il Cantone Ticino rispetto alla Svizzera. Il divario tra i ticinesi e i cugini d’oltralpe continua ad aumentare e quindi diventiamo relativamente più poveri.
Vediamo qualche dato.
Primo dato: il reddito medio svizzero (è il reddito che otteniamo se sommiamo tutti i redditi della società e li dividiamo ipoteticamente su tutti gli abitanti) è oggi di quasi 69 mila franchi, quello zurighese di quasi 79 mila e quello ticinese desolatamente di poco più di 61 mila. Ma al di là del valore assoluto è l’evoluzione che ci preoccupa ancora di più: il reddito medio svizzero è aumentato dell’8.6%, quello di Zurigo di oltre il 10% e quello ticinese solo del 5.2%. Quindi le differenze anziché ridursi come ci aspetteremmo, aumentano.
Secondo dato: il reddito mediano svizzero (è il reddito che divide a metà la popolazione, metà guadagna di più, metà guadagna di meno) è oggi di quasi 53 mila franchi, quello zurighese di quasi 59 mila e quello ticinese di quasi 45 mila. Anche in questo caso è l’evoluzione a preoccupare: se in Svizzera è aumentato di oltre il 7%, quello di Zurigo del 9.6%, mentre quello ticinese è rimasto stabile, segnando addirittura in alcuni anni una riduzione. Il valore ticinese tra l’altro occupa la penultima posizione; peggio di noi solo il Vallese con 41 mila franchi.
Terzo dato: la distribuzione del reddito. Se si guarda all’indice di Gini (che è un indicatore per la misura della concentrazione) scopriamo che il Ticino è tra i cantoni più diseguali, ossia con il reddito peggio distribuito. Solo Zugo e Svitto sono ancora meno egualitari. In aggiunta anche in questo caso l’evoluzione ticinese è negativa, nel senso che a differenza di quello che succede mediamente a livello svizzero, la distribuzione del reddito si è concentrata ancora in un numero minore di mani.
Infine i dati sulla distribuzione del reddito consentono di scoprire per esempio che in Ticino la quota di reddito detenuta dalle persone più povere nel tempo è diventata ancora più piccola e lo stesso è capitato al ceto medio.
Insomma, le cose anziché migliorare peggiorano e il divario con il resto della Svizzera diventa giorno dopo giorno sempre più grande. Certo, sappiamo che decenni di sviluppo economico non si cambiano in cinque minuti, ma è arrivato ora il momento di chinarsi seriamente sulla problematica. Abbiamo fatto passi da giganti nella formazione, nella creazione di centri di eccellenza, abbiamo aziende e attività innovative e anche il resto del tessuto produttivo può essere facilmente supportato verso un aumento della competitività.
Affinché però si possa iniziare a progettare uno sviluppo di medio periodo è necessario innanzitutto accettare la realtà e vedere i problemi che ci circondano. Quindi apriamo gli occhi.

La versione audio: In Svizzera i ticinesi diventano sempre più poveri