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PMI: Sorpresa amara nell’uovo di Pasqua

Le piccole e medie imprese (PMI) hanno trovato una sorpresa spiacevole nell’uovo di Pasqua: il Consiglio Federale alza i tassi di interesse sui crediti COVID-19, a un livello compreso tra l’1.5% e il 2%. Le condizioni economiche sono mutate in questo periodo ma ciò non giustifica pienamente questa scelta, che potrebbe causare problemi aggiuntivi alle PMI, in particolare nel Cantone Ticino.

Il governo federale giustifica la scelta essenzialmente in tre modi. Primo: mantenere bassi i tassi di interesse causerebbe una distorsione del mercato, favorendo le aziende che si sono indebitate nel 2020 rispetto a quelle attuali. È un’argomentazione debole: i crediti COVID-19 sono stati erogati in un momento emergenziale globale per fornire liquidità alle aziende durante il lockdown. Ciò rende inappropriati i confronti con la situazione attuale. Sarebbe come dire che chi ha bloccato un’ipoteca ad un tasso fisso basso oggi debba pagare di più.
La seconda giustificazione è più stravagante e anche un po’ paternalista. A detta del Consiglio Federale mantenere bassi tassi di interesse incentiverebbe le aziende a prolungare il proprio indebitamento. Anche in questo caso forse il Consiglio Federale dimentica che proprio per evitare problemi aggiuntivi legati alla restituzione del credito, allora erano stati decisi tempi piuttosto comodi.

Infine, il Consiglio Federale cita la necessità di coprire i costi di gestione delle banche. Questa motivazione appare alquanto inopportuna, almeno a livello di tempistiche, alla luce del recente mega intervento a favore di UBS nella vicenda del Credit Suisse.

Siamo consapevoli che l’inflazione ha determinato l’aumento dei tassi di interesse, ma perché il Consiglio Federale non ha posticipato di un anno questa decisione, soprattutto considerando gli incrementi dei costi che le aziende devono affrontare, come quelli energetici, degli affitti e dei tassi di interesse sui crediti ipotecari?

La situazione è ancora più difficile per le aziende nel Cantone Ticino. Nel 2020 sono stati attivati oltre 12.500 crediti Covid-19 (9.1% del totale nazionale) per un totale di 1,4 miliardi di franchi (8.1% del totale). E questo non perché in Ticino siamo meno bravi a fare azienda ma perché le condizioni strutturali e concorrenziali sono diverse rispetto al resto della Svizzera. E a suo tempo lo era stata anche l’incidenza del Covid.

In tutto questo cosa fa la politica? Tace, almeno per ora. Nessuno che ha sollevato quesiti, critiche o anche solo perplessità per questa decisione. Ciò fa sorgere il dubbio, giustificato, che delle piccole e medie imprese molti politici si preoccupino solo in periodo di campagna elettorale. Purtroppo, i problemi e le sfide che le PMI devono affrontare non vanno in pausa per quattro anni, attendendo che la politica torni a occuparsi di loro.

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Debito pubblico fuori controllo?

Il tema delle finanze pubbliche in particolare del debito è tornato di estrema attualità. Dal quasi fallimento tecnico degli Stati Uniti al Canton Ticino il soggetto è lo stesso.
Il 19 gennaio il Dipartimento del Tesoro americano è dovuto intervenire con delle misure speciali per poter garantire la spesa pubblica. Questo è accaduto perché proprio quel giorno il paese ha raggiunto il tetto massimo di 31.400 miliardi di dollari (29.000 miliardi di franchi) che il Congresso aveva fissato. Spieghiamo che negli Stati Uniti il sistema è un po’ diverso rispetto al nostro. Il Congresso fissa annualmente un limite al debito pubblico, limite oltre il quale non è più possibile emettere le obbligazioni di Stato. Le obbligazioni di Stato sono semplicemente dei prestiti che lo Stato chiede a cittadini, banche, imprese che vogliono sottoscriverli offrendo in cambio un tasso di interesse. Ora, il 19 gennaio 2023 questo limite è stato raggiunto e questo significa l’impossibilità di chiedere ulteriori prestiti. La politica dovrà trovare un accordo per aumentare nuovamente il tetto senza dimenticare tuttavia misure o di contenimento della spesa o di aumento delle entrate.
Il caso del Canton Ticino è un po’ diverso: l’allarme è scattato non tanto perché si sia raggiunto un tetto massimo al debito, quanto piuttosto perché il preventivo per l’anno 2023 votato dal parlamento risulta oggi, dopo nemmeno un mese dall’inizio dell’anno, già non realistico. Il bilancio dello Stato è fatto come quello di qualunque famiglia. Ci sono delle entrate e ci sono delle uscite. Nel caso del Canton Ticino è stato commesso un grave errore: tra le entrate dello Stato sono stati contabilizzati quasi 140 milioni di franchi che avrebbe versato la Banca Nazionale (BNS). Ci permettiamo di definire questo errore come grossolano visto che l’andamento dei conti della BNS era già noto alla classe politica. In aggiunta la politica ci ha messo il suo zampino: oltre a queste entrate mancheranno anche una parte delle entrate dell’imposta di circolazione e peseranno sulle spese le deduzioni dei premi cassa malati aggiuntive. Per farla breve, il deficit (la differenza tra le entrate e le uscite dello Stato) potrebbe passare dagli 80 milioni di franchi stimati ai 240 milioni.
Lo abbiamo detto più volte: le finanze pubbliche devono essere gestite in maniera seria e giudiziosa. Esattamente come deve fare qualunque padre e madre di famiglia che mese dopo mese deve far quadrare i conti, anche la politica deve assumersi questa responsabilità. Diventa troppo facile aumentare le spese senza preoccuparsi di dove reperire i fondi, rifiutare a priori controlli esterni che mettano ordine alla spesa pubblica e voler ridurre le entrate per guadagnare consensi.
La gestione delle finanze pubbliche deve essere seria e giudiziosa perché questa è l’unica ricetta per garantire uno Stato forte e solidale.

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Le banche centrali aumentano i tassi di interesse: perché?

La Banca Nazionale Svizzera (BNS) ha sorpreso tutti. Qualche giorno fa ha annunciato l’aumento del tasso di interesse guida di mezzo punto percentuale, portandolo a -0.25%. Sì, avete letto bene, il valore è negativo. A molti di noi appare strano, eppure anche i tassi di interesse possono essere negativi. In Svizzera lo sono da diversi anni.

Ma come è possibile? Semplifichiamo un po’. La Banca Nazionale oltre ad essere la banca che emette la nostra moneta su delega data dalla Confederazione è la “banca delle banche”. Tutti noi abbiamo una banca, che viene definita secondaria. Le nostre banche secondarie per poter svolgere le loro attività di raccogliere e prestare risorse ai cittadini e alle aziende devono avere un conto presso la BNS e rispettare delle leggi particolari (quanti soldi possono prestare, quanti devono tenerne depositati presso la BNS,…). Il tasso di interesse guida è proprio quello che la BNS applica sui conti delle banche secondarie. Così un tasso di interesse negativo, sta a significare che la BNS chiede alle banche secondarie di pagare per tenere i soldi depositati. E lo stesso faranno le banche secondarie con noi clienti. Questa idea di mettere dei tassi negativi è stata pensata per fare in modo di incentivare l’uso del denaro e non lasciarlo fermo nelle banche, quindi per alimentare i consumi e gli investimenti e di conseguenza il prodotto interno lordo. L’equazione sulla carta è molto semplice: tassi di interesse bassi, domanda alta.

E proprio per contrastare questa domanda elevata che è ancora aumentata negli ultimi periodi e che ha causato l’aumento dei prezzi (inflazione), ora la Banca Nazionale cambia strategia e rende il costo del denaro più alto. Così facendo si vorrebbero ottenere più risultati.

Primo: se il denaro preso a prestito costa di più, i consumatori e le aziende ci penseranno due volte prima di indebitarsi e consumare o comperare nuovi macchinari. Questo implica quindi che la domanda diminuisce e i prezzi dovrebbero rallentare.

Lo stesso effetto che si dovrebbe ottenere sul fronte del risparmio. Se il tasso di interesse aumenta diventa interessante per le persone, ma anche per le banche secondarie, lasciare i soldi depositati sui conti oppure prestarli allo Stato comperando le obbligazioni dello Stato. Così la domanda diminuisce ulteriormente e i prezzi pure.

Purtroppo possono esserci anche conseguenze negative. Pensiamo per esempio all’effetto sull’aumento dei tassi ipotecari: il debito per la nostra casa sarà più costoso. O ancora l’effetto che potrebbe generarsi sul valore del franco svizzero: in questo caso le nostre esportazioni o le vacanze in Svizzera diventerebbero più care. D’altra parte la Banca Nazionale Svizzera non aveva molta scelta: anche se più bassa (2.9%), l’inflazione è arrivata pure in Svizzera.

P.S. Ringrazio Roberto e Matteo per il suggerimento di trattare questo tema

La versione audio: Le Banche centrali aumentano i tassi di interesse: perché?