Tutti ambientalisti in economia oggi…

Tempi duri per i neoclassici. Chi sono i neoclassici? Sono i rappresentanti della teoria economica dominante. Sono gli studiosi che ritengono che l’economia sia paragonabile a una scienza esatta. Sono coloro che credono che sia possibile descrivere tutti i comportamenti umani e prevedere le conseguenze delle politiche economiche attraverso formulazioni matematiche e modelli complessi.
Avete presente quegli studiosi che nel 2010 hanno consigliato un programma durissimo di misure di tagli alla spesa, la famosa austerità, per la Grecia? Quelli che stimavano che tanto gli effetti sul prodotto interno lordo e quindi sull’economia greca sarebbero stati minimi? Peccato che sia andata diversamente. Nella realtà le conseguenze per questo Paese sono state drammatiche. Questa nazione ha visto il suo prodotto interno lordo crollare del 25% in pochi anni. Una tragedia. Un paese ancora oggi distrutto dalla cecità di chi era convinto di avere tra le mani il modello perfetto.
Ma non c’è nulla di perfetto o facilmente prevedibile nell’economia. Il sistema economico è stato creato dagli individui per soddisfare i loro bisogni. E proprio perché fatto dagli individui per gli individui è difficilmente prevedibile. Eppure da quasi un secolo insegniamo nelle nostre università modelli complessi che dovrebbero darci risposte semplici a problematiche difficili. Il fascino per la previsione, l’ordine, l’equilibrio ha colpito la maggioranza degli studiosi dell’Accademia. Lo spazio per visioni differenti è sempre venuto meno. Intere scuole di pensiero sono state etichettate come eterodosse e messe ai margini dalle pubblicazioni scientifiche, dalle promozioni accademiche, e quindi destinate a morire.
E oggi paradossalmente il destino sembra accanirsi ancora contro il pensiero “alternativo”. Oggi che siamo in grado di dimostrare che gli individui non sono né egoisti né amorali né perfettamente razionali e non per forza perseguono la massimizzazione del profitto, chi sono i nuovi studiosi di questi campi? I neoclassici pentiti.
E che dire dei temi ambientali, che sono diventati l’interesse proprio di coloro che hanno sempre condannato l’interferenza dell’etica, della giustizia e che professavano la massimizzazione del profitto a ogni costo?
Nessuna condanna per chi fa un passo indietro e riconosce che forse qualcosa ha sbagliato. Ci mancherebbe. Peccato che questo non accade. Nessun passo indietro, nessuna umiltà nel conoscere nuove visioni e imparare nuove teorie, ma solo la presunzione di essere ancora una volta i migliori.
Forse sarebbe giunto il momento di ascoltare anche chi da sempre ha visto nell’economia una disciplina sociale che necessita del continuo e costante scambio con la filosofia, la politica, il diritto, la sociologia e tutte le altre discipline che si occupano di individui.

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Caffè e vaccini: a cosa servono i brevetti?

Chi l’avrebbe mai detto che la forma della capsula di caffè non è un bene da tutelare come marchio? Sì, la nostra è una provocazione che si riferisce alla recentissima sentenza del tribunale federale che finalmente mette fine a una vertenza economico-giuridica che si trascina da molti anni. Il tribunale ha sancito che una forma, in questo caso di una capsula da caffè, non può essere registrata come marchio se deve per forza essere usata da un concorrente che produce un prodotto simile.
Questa sentenza ci consente di affrontare il tema dell’importanza dei brevetti per l’innovazione e lo sviluppo tecnologico. A differenza di quello che saremmo tentati di pensare la maggior parte della spesa in ricerca e sviluppo viene finanziata dal settore privato. Sono le aziende che spinte dalla necessità di scoprire nuovi prodotti, nuove organizzazioni, nuove tecnologie per garantirsi il successo economico e sopravvivere investono molte risorse nella ricerca. Evidentemente affinché ci sia questa spinta ad essere la prima a scoprire qualcosa, deve esserci una chiara tutela che le altre imprese non possano beneficiarne. In effetti, se gli altri possono copiare il mio prodotto e guadagnare, mentre io ho sostenuto i costi per scoprirlo, nessuno investirà un franco nella ricerca.
Naturalmente questo non significa che anche le università, le aziende e gli istituti pubblici e para-pubblici non facciano attività di ricerca, anzi. Ma è chiaro che lo scopo in questo caso non è quello di massimizzare i profitti o ridurre i costi, bensì collaborare nelle scoperte di interesse pubblico.
Le nazioni hanno la libertà di scegliere quanta tutela dare alle aziende. Ci sono nazioni come la Svizzera che proteggono molto le scoperte. Altre, come per esempio la Cina, hanno basato la loro forza sulla riproduzione di scoperte altrui su larga scala. Questo grazie alla grandissima disponibilità di manodopera a disposizione. Il modello copia e riproduci su larga scala è stato determinante per la loro crescita economica. Attenzione però che oggi la Cina ha fatto passi da gigante nello sviluppo tecnologico e nell’innovazione, tanto da diventare, probabilmente a breve, la prima potenza mondiale.
Tornando ai nostri brevetti, il tema è di estrema attualità. Il dibattito sul fatto che i vaccini non debbano essere tutelati riaccende un tema che non ha mai veramente trovato una quadratura del cerchio: fino a che punto le scoperte nel campo della medicina devono essere brevettabili?
La nostra risposta di pancia è scontata: i farmaci devono essere accessibili a tutti perché esiste un diritto alla salute. Purtroppo, bisogna fare i conti con la realtà: se non ci fosse un interesse e una garanzia della tutela dei guadagni futuri, nessuna azienda investirebbe milioni in spese di ricerca. Ricordiamoci anche che non tutti gli investimenti portano a risultati; molte volte finiscono nel nulla.
Quindi, non sta tanto all’economia quanto piuttosto ai governi fare in modo di garantire l’accessibilità ai farmaci a tutti, tutelando il diritto alla salute.

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