Commercio estero: bene, ma non benissimo

Le esportazioni e le importazioni svizzere nel mese di luglio sono diminuite. Dobbiamo preoccuparci? Sappiamo che la Svizzera è un Paese esportatore netto, ossia produce più di quanto consuma e quindi vende una parte all’estero. Tutti i Paesi vorrebbero essere esportatori netti, perché dietro alle produzioni ci sono le persone che lavorano e che quindi sono occupate, hanno un reddito, pagano le imposte, non sono al beneficio di aiuti statali, consumano e di conseguenza alimentano in maniera positiva il ciclo economico.
Le esportazioni tra giugno e luglio sono scese da 22.5 miliardi di franchi a 21.5; la riduzione è stata del 4.3% in termini nominali, mentre se togliamo l’effetto dei prezzi, la riduzione scende al 2.9%. In maniera analoga, le importazioni sono diminuite da quasi 20 miliardi a poco più di 19.1 miliardi. Anche in questo caso, la diminuzione nominale è stata del 4.2%, mentre quella reale del 3.4%. Il saldo della bilancia commerciale (qui trovate la definizione) è di circa 2.4 miliardi di franchi.
E questa è la prima buona notizia che fa relativizzare un po’ la riduzione del traffico commerciale. A differenza di quanto accaduto per Germania e Italia, i nostri saldi sono ancora positivi. Certo, vediamo una diminuzione, ma per il momento si parla di un solo mese.
È anche per queste ragioni che è difficile al momento dire se si stratta di una flessione stagionale e temporanea oppure se può essere l’inizio di una crisi più grande che potrebbe trovare radici nella situazione che stanno vivendo molte nazioni in Europa. Basti pensare che l’inflazione in Gran Bretagna ha superato il 10%, attestandosi al 10.1%. E la fiducia dei consumatori che vedono ridurre il loro potere d’acquisto non poteva che diminuire. Attenzione, perché le cose non sembrano andare molto meglio nell’Unione Europea dove gli aumenti dei prezzi sono stati nel mese di luglio del 9.8%. Leggiamo che rispetto a quanto avvenuto in giugno in ben 18 Paesi membri su 27 l’inflazione è aumentata. Le cause maggiori sono state ancora l’energia, gli alimentari, l’alcool e i tabacchi e i servizi. È facilmente comprensibile che se i prezzi aumentano i consumatori possono comperare anche meno prodotti dall’estero.
Guardando ai beni svizzeri che hanno rallentato le loro vendite troviamo i prodotti chimici e farmaceutici (che rappresentano circa la metà delle nostre esportazioni), i macchinari e gli apparecchi elettronici (che sono il 12%) e gli strumenti di precisione (circa il 7%). In controtendenza il settore dell’orologeria (10%) che continua la sua crescita positiva, come abbiamo anche letto dalle dichiarazioni della Federazione dell’industria orologeria svizzera.
E anche sulle importazioni non possiamo festeggiare: se diminuiscono vuol dire che abbiamo meno materie prime e semilavorati e di conseguenza anche la nostra produzione rallenterà. Sappiamo che i ritardi nelle catene di approvvigionamento rimangono di strettissima attualità.
A tutto questo si aggiunge poi un franco estremamente forte che fa risultare più care le nostre esportazioni.
Insomma, non allarmiamoci inutilmente, ma teniamo gli occhi ben aperti.

La versione audio: Commercio estero: bene, ma non benissimo
Fonte: la Posta

La crisi è finita? Non lo sappiamo ancora, ma almeno le esportazioni crescono

Le esportazioni svizzere crescono e tornano ai livelli precedenti allo scoppio della pandemia. Tiriamo tutti un bel sospiro di sollievo. Però guardare a questo indicatore non basta. Proprio per la nostra struttura economica e per le nostre risorse limitate, dobbiamo sempre tenere d’occhio anche le importazioni. E per fortuna anche le importazioni trimestrali sono aumentate (anche se non ancora ai livelli pre-crisi).
Spulciando un po’i dati trimestrali appena pubblicati vediamo che i settori trainanti si confermano quelli dei prodotti chimici e farmaceutici, dei macchinari e dell’elettronica, dei metalli e dell’orologeria. In termini di Paesi, la crescita è stata particolarmente rimarcata verso l’America del Nord. Segnaliamo comunque anche il buon risultato verso l’Europa (in particolare Francia e Spagna) e verso l’Asia che diventa sempre più un partner interessante.
Le esportazioni rappresentano per tutte le economie un fattore molto importante, ma lo sono ancora di più per la Svizzera. Il benessere generato dalla vendita di beni e servizi corrisponde a circa il 12% del nostro prodotto interno lordo. In termini concreti, il fatto che produciamo di più di quello che consumiamo e che soprattutto vendiamo questa eccedenza all’estero ci consente di mantenere in patria circa mezzo milione di posti di lavoro. E questo riusciamo a farlo nonostante una moneta storicamente forte e addirittura considerata un bene rifugio. Questo significa che anche se quello che produciamo costa di più per i nostri compratori all’estero, la qualità, la precisione, i servizi dopo vendita, come pure l’affidabilità, ci consentono di riuscire a superare quello che in apparenza sembrerebbe uno svantaggio. Inoltre, non dobbiamo nemmeno dimenticare che la nostra moneta forte ci consente dei vantaggi: il costo delle materie prime e dei semilavorati che comperiamo dall’ estero, è più basso; questo ci consente di contenere i costi, di non dover aumentare i salari, di mantenere i prezzi sotto controllo, di operare con tassi di interesse bassi. Tutti fattori questi che permettono di mantenere la stabilità macroeconomica, che è uno tra gli elementi competitivi più importanti.
Ma la Svizzera è un caso eccezionale anche per altre ragioni. Primo: siamo una nazione piccola, dalle risorse piuttosto limitate sia in termini di manodopera che in termini di territorio. Eppure le nostre bilance commerciali e dei servizi sono largamente in attivo. La seconda ragione è che non abbiamo materie prime e quindi dobbiamo dare il nostro contributo alla creazione e alla trasformazione di beni e servizi. Mi spiego meglio. Se siete tra i paesi fortunati che possono estrarre petrolio, dato che è uno dei beni più richiesti al mondo, risulterà piuttosto facile essere esportatori netti. Meno facile quando dovete comprare materie prime o prodotti semilavorati dall’estero riutilizzarli, trasformarli e rivendere prodotti finiti al di fuori dei vostri confini nazionali. Infine anche la storia economica ha un peso importante per una nazione. In questo caso a differenza della Francia, della Germania o dell’Italia la Svizzera non può contare su una storia decennale di industrie pesanti. Né automobili, né cantieri navali.
Fatte queste considerazioni, quindi massima attenzione e occhio di riguardo ai partner commerciali. Quando le altre nazioni, che sono i nostri clienti, mostrano un andamento economico favorevole, anche noi tiriamo un sospiro di sollievo. Per cui ben vengano le prospettive positive per l’Unione Europea, per gli Stati Uniti e anche per i paesi asiatici. Insomma è proprio uno di quei casi dove tutti risultano vincenti e traggono benessere dal benessere altrui.

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