L’importante differenza fra ricchezza e benessere

La ricchezza degli svizzeri è aumentata. O almeno è quello che sembrerebbe da una prima lettura dei dati appena pubblicati dalla Banca Nazionale svizzera relativi al 2023. Le attività finanziarie delle economie domestiche valevano ben 3’014 miliardi di franchi, ai quali dobbiamo aggiungere 2’659 miliardi di franchi del valore di mercato degli immobili. Rispetto all’anno scorso l’aumento è stato importante e rispettivamente del 2.3% e del 3.6%. Ma allora, perché non ci sentiamo tutti più benestanti? Perché ci sembra di fare sempre fatica ad arrivare alla fine del mese?
Innanzitutto dobbiamo differenziare il concetto del reddito da quello della ricchezza. Il reddito è ciò che effettivamente guadagniamo, quello che possiamo spendere immediatamente; per semplificare pensiamo allo stipendio o nel caso degli anziani alla rendita AVS. La ricchezza, invece, rappresenta ciò che abbiamo messo da parte e che magari abbiamo investito in attività che non possono essere per forza utilizzate subito. Pensiamo all’acquisto di obbligazioni della Confederazione o magari a una casa.
È per questo che molto probabilmente la maggioranza di noi non si è assolutamente accorta di essere diventata più ricca. In effetti, in alcuni casi si tratta addirittura di un arricchimento teorico. Pensiamo all’incremento del valore della nostra casa. Sulla carta siamo più ricchi perché i prezzi sul mercato sono aumentati, ma nella realtà a meno che non la vendiamo noi non guadagniamo niente. Anzi, paradossalmente potremmo trovarci a dover pagare più imposte sulla sostanza. O ancora, il valore delle prestazioni assicurative e di quelle pensionistiche rappresenta gli accantonamenti fatti per coprire le future richieste di risarcimento da parte degli assicurati, ma non per forza ci sarà un trasferimento uno a uno.
Ma c’è una seconda ragione, forse ancora più importante. Questo dato indica il patrimonio aggregato di tutte le persone residenti in Svizzera, mentre non dice nulla sulla sua distribuzione. Per cui troveremo nello stesso raggruppamento persone che possiedono ville enormi, pacchetti azionari e migliaia di obbligazioni di Stato, e altre che invece non hanno nulla. Per valutare la distribuzione della ricchezza dobbiamo utilizzare l’indice di Gini. Ma anche questo dato non ci dice ancora tutto. Per capire bene il benessere delle persone dovremmo valutare come è distribuita la ricchezza tra le classi più benestanti, ma soprattutto mettere questi dati in relazione al sistema fiscale (tasse di successione, tasse sul patrimonio,…) e ancora di più in relazione al sistema di sicurezza sociale. Se uno Stato offre ai suoi cittadini servizi di ottima qualità gratuiti e sistemi previdenziali sicuri, è davvero così importante risparmiare e accumulare patrimonio?

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Pubblicato da L’Osservatore – 4.05.2024

Lavorare di meno, produrre di più e guadagnare uguale

Lavorare di meno, produrre di più e guadagnare uguale. Vi sembra impossibile, vero? E invece pare che questa equazione tenga.
Il tempo e la qualità del lavoro sono da sempre tematiche care agli economisti. Sin dalla rivoluzione industriale, quando Adam Smith, padre fondatore dell’economia politica, teorizza i vantaggi della divisione del lavoro attraverso l’esempio della fabbrica degli spilli. Prendiamo il caso di un operaio che deve fare tutte le 18 fasi del processo di produzione di uno spillo (tirare il filo di metallo, raddrizzarlo, tagliarlo, appuntarlo, affilarlo, preparare la capocchia, attaccarla, pulire gli spilli, impacchettarli …). Lui riuscirà a produrre circa 10 spilli al giorno. Se in questa fabbrica prendiamo 10 operai e a ognuno di loro facciamo fare solo 2 o 3 lavori, alla sera troveremo … 50 mila spilli! La produzione aumenta di 5 mila volte! Questo dipende da 3 ragioni. Primo, il lavoratore diventa sempre più bravo man mano che fa la stessa attività. Secondo, non si perde tempo per passare da una mansione all’altra. Infine, quanto più le attività da svolgere sono specifiche e ripetitive, tanto sarà più facile inventare macchinari che sostituiscono il lavoro umano. Quindi di progresso tecnologico e innovazione si parlava già nel 1700.
Nonostante questi vantaggi “economici”, Smith metteva in guardia dal pericolo enorme a cui andavano incontro gli operai limitando le loro capacità a semplici, continui e ripetitivi atti. Così facendo il rischio di intorpidire le menti e rendere il popolo ignorante era uno dei più grandi mali per i governi. Probabilmente è un po’ il pensiero che molti stanno facendo in questi ultimi anni.
Dopo di lui tantissimi altri economisti si sono occupati delle condizioni e del tempo di lavoro, come pure del rapporto tra lavoro e produzione. Il rendimento del lavoro si misura con la produttività che possiamo semplificare nel valore di quanto produce una persona in un’ora. Una volta si pensava che per aumentare la produttività e quindi la produzione di un’azienda, era necessario aumentare il numero ore lavorate. Da qualche anno, al contrario molti studi dimostrano che gli individui felici, sereni e riposati producono di più e meglio di quelli che lavorano più tempo.
In questa direzione vanno le decisioni di LinkedIn di qualche mese fa e quella di questa settimana di Nike di regalare una settimana aggiuntiva di vacanza ai propri collaboratori. La motivazione è molto semplice: farli riposare dalle fatiche legate alla crisi del Covid-19.
Ma non finisce qui. Alcune aziende in Svizzera, Giappone, Spagna, in alcuni casi anche con l’aiuto dello Stato, stanno sperimentando la settimana lavorativa di 4 giorni (circa 32 ore settimanali). In Svizzera, ricordiamo che varia tra le 42 e le 45 ore settimanali.
L’esperimento fatto in Islanda che ha ridotto da 40 a 35/36 le ore di lavoro per 2’500 lavoratori per 4 anni (dal 2015 al 2019) è stato estremamente positivo: la produttività è aumentata come pure il benessere dei lavoratori.
Insomma, per una volta riusciamo a prendere due piccioni con una fava!

La versione audio: Lavorare di meno, produrre di più e guadagnare uguale
Fonte: superiorwallpapers.com