La Posta si “risposta” e torna a portare la Posta

Gli impatti economici della crisi del Covid-19 iniziano oggi a essere un po’ più chiari. Quasi a prenderci in giro questa crisi pandemica ha rimescolato le carte in tavola. Proviamo a fare un gioco: immaginate di essere stati i membri dei consigli di amministrazione di aziende pubbliche o private prima del mese di marzo del 2020. Oggi probabilmente vi trovereste nella situazione paradossale di essere stati o troppo innovatori o poco innovatori. Spieghiamoci meglio. Pensate al caso della Posta svizzera. Nel 2020 a causa delle misure di confinamento e di consumi on-line mai visti prima la Posta ha consegnato quasi 183 milioni di pacchi, record assoluto negli oltre 170 anni di storia. Per capirci se consideriamo 220 giorni di lavoro si tratta di oltre 830 mila pacchi al giorno. Una crescita così ha obbligato l’azienda in poche settimane a rivedere completamente una strategia portata avanti da decenni e concentrata sulle attività ritenute, fino a un anno fa, più redditizie, come quelle finanziarie. E invece, inversione di rotta: impennata di assunzioni e milioni di franchi di investimenti nell’infrastruttura per la consegna pacchi.
Una riflessione simile può essere fatta per il commercio al dettaglio e le vendite on-line. Non neghiamo che fino allo scorso mese di marzo per molti grandi magazzini la tentazione di smantellare l’offerta legata alla vendita on-line è stata molto grande. Certo, negli ultimi anni il settore aveva registrato una crescita, ma era legata principalmente agli acquisti fatti all’estero e specializzati. Nessuno avrebbe immaginato che le vendite dei generi non alimentari sarebbero avvenute solo grazie ai canali di distribuzione via etere. E non tutti in Svizzera avevano avuto la perseveranza di investire in questo settore. Vi ricordate quanto tempo hanno impiegato alcuni commerci a offrire il catalogo dei prodotti on-line? Certo, per i piccoli artigiani e le piccole imprese poter investire risorse in questo campo in un momento di difficoltà non è stato semplice e non lo è nemmeno ora. E in questo caso lo Stato avrebbe potuto sicuramente aiutare di più.
Ma il problema concerne anche i beni e i servizi che per loro definizione sono consumati di persona. Pensate a come eravamo prima di un anno fa: tutti pronti a prendere un aereo con un bagaglio a mano per andare a vedere un concerto in una città europea e rientrare in 36 ore. Tutte le strategie di crescita delle aziende legate al turismo, agli spostamenti e agli eventi partivano dall’ipotesi inconfutabile della massima mobilità. Molte compagnie aeree per sopravvivere alla crescente concorrenza nel settore avevano creato sinergie con le agenzie di viaggio, con i complessi alberghieri e con gli organizzatori di eventi per ampliare i pacchetti vacanze. Tutto ad un tratto il nulla. E ancora oggi, per tutto il settore a livello mondiale regna un’incertezza che impedisce di trovare strategie aziendali efficaci e con un orizzonte di medio periodo. Alcuni hanno tentato la riconversione sul traffico delle merci, ma anche in questo caso, i dubbi rimangono tanti.
Al contrario i confinamenti e il ricorso al telelavoro sono stati estremamente positivi per le aziende legate ai prodotti informatici che negli ultimi anni mostravano un certo stallo; in questo caso la crisi è stato un toccasana.
Che dire quindi? In alcuni casi la crisi ha riportato le aziende indietro sui loro passi, in altri l’aver anticipato nuovi sentieri ha invece consentito di seguirli nell’immediato.
Come spesso accade in economia, non troviamo un’unica strada vincente, anche perché se no saremmo tutti imprenditori di successo.

La versione audio: La Posta si “risposta” e torna a fare la Posta
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