Lavorare 4 giorni alla settimana?

Lavorare solo 4 giorni alla settimana? In Belgio sarà possibile. Il governo ha deciso che si potranno svolgere le 38 ore settimanali su 4 giorni. Così si manterrà lo stesso salario, ma si potrà avere un giorno libero in più. Le aziende non saranno obbligate ad accettare le richieste dei collaboratori, ma dovranno motivare per iscritto l’impossibilità di dargli seguito.

Una cosa è certa: il concetto di lavoro cambia nel tempo. È tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900 che grazie alle rivendicazioni sindacali si riesce a ottenere la giornata lavorativa di otto ore. Ma ancora la settimana prevede di lavorare sei giorni, anche negli Stati Uniti. Questo almeno fino a quando la Ford, nel 1926 stravolge le abitudini. Già nel 1914 Henry Ford raddoppia lo stipendio dei suoi operai, portandolo a cinque dollari al giorno. Non lo fa “solo” come ci piace raccontare un po’ romanticamente perché così anche gli operai avrebbero potuto acquistare le auto che producevano. Il problema più grande era che i suoi operai appena potevano si licenziavano. L’aumento dello stipendio avrebbe reso i collaboratori più felici e quindi sarebbero rimasti anche più fedeli all’azienda. E così capitò. Nel 1926 è sempre lo stesso Ford che introduce la settimana lavorativa di soli cinque giorni. L’idea di fondo era che collaboratori più felici, con più tempo libero a disposizione, avrebbero lavorato più volentieri aumentando anche la produttività e i profitti. Anche in questo caso non sbagliò. Vediamo perché.

La prima cosa da ritenere è che si passa dal quantificare il tempo di lavoro a valutarne la qualità. E oggi molti studi mostrerebbero che l’idea di aumento delle ore di lavoro non fa più rima con aumento della produttività. A livello aziendale, lavorare meno ore consentirebbe di ridurre lo stress, la stanchezza, gli errori e gli infortuni. La riduzione delle assenze unita all’aumento della felicità porterebbe a essere più produttivi. Ma anche a livello aggregato sembrerebbe che alla diminuzione delle ore di lavoro avvenuta negli ultimi 20 anni nei Paesi industrializzati non sia seguita una riduzione del prodotto interno lordo (qui non possiamo dimenticare il progresso tecnologico).

In molti paesi come Islanda, Giappone, Svezia gli esperimenti fatti sembrano confermare che il collaboratore più felice è più sano e più energico per cui anche più produttivo.
Non sappiamo se in Svizzera si andrà in questa direzione, certo è che è un po’ ci viene da sorridere quando leggiamo le rivendicazioni di chi al contrario vorrebbe 70 ore di lavoro settimanali, cancellando così secoli di evoluzione.

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Lavorare di meno, produrre di più e guadagnare uguale

Lavorare di meno, produrre di più e guadagnare uguale. Vi sembra impossibile, vero? E invece pare che questa equazione tenga.
Il tempo e la qualità del lavoro sono da sempre tematiche care agli economisti. Sin dalla rivoluzione industriale, quando Adam Smith, padre fondatore dell’economia politica, teorizza i vantaggi della divisione del lavoro attraverso l’esempio della fabbrica degli spilli. Prendiamo il caso di un operaio che deve fare tutte le 18 fasi del processo di produzione di uno spillo (tirare il filo di metallo, raddrizzarlo, tagliarlo, appuntarlo, affilarlo, preparare la capocchia, attaccarla, pulire gli spilli, impacchettarli …). Lui riuscirà a produrre circa 10 spilli al giorno. Se in questa fabbrica prendiamo 10 operai e a ognuno di loro facciamo fare solo 2 o 3 lavori, alla sera troveremo … 50 mila spilli! La produzione aumenta di 5 mila volte! Questo dipende da 3 ragioni. Primo, il lavoratore diventa sempre più bravo man mano che fa la stessa attività. Secondo, non si perde tempo per passare da una mansione all’altra. Infine, quanto più le attività da svolgere sono specifiche e ripetitive, tanto sarà più facile inventare macchinari che sostituiscono il lavoro umano. Quindi di progresso tecnologico e innovazione si parlava già nel 1700.
Nonostante questi vantaggi “economici”, Smith metteva in guardia dal pericolo enorme a cui andavano incontro gli operai limitando le loro capacità a semplici, continui e ripetitivi atti. Così facendo il rischio di intorpidire le menti e rendere il popolo ignorante era uno dei più grandi mali per i governi. Probabilmente è un po’ il pensiero che molti stanno facendo in questi ultimi anni.
Dopo di lui tantissimi altri economisti si sono occupati delle condizioni e del tempo di lavoro, come pure del rapporto tra lavoro e produzione. Il rendimento del lavoro si misura con la produttività che possiamo semplificare nel valore di quanto produce una persona in un’ora. Una volta si pensava che per aumentare la produttività e quindi la produzione di un’azienda, era necessario aumentare il numero ore lavorate. Da qualche anno, al contrario molti studi dimostrano che gli individui felici, sereni e riposati producono di più e meglio di quelli che lavorano più tempo.
In questa direzione vanno le decisioni di LinkedIn di qualche mese fa e quella di questa settimana di Nike di regalare una settimana aggiuntiva di vacanza ai propri collaboratori. La motivazione è molto semplice: farli riposare dalle fatiche legate alla crisi del Covid-19.
Ma non finisce qui. Alcune aziende in Svizzera, Giappone, Spagna, in alcuni casi anche con l’aiuto dello Stato, stanno sperimentando la settimana lavorativa di 4 giorni (circa 32 ore settimanali). In Svizzera, ricordiamo che varia tra le 42 e le 45 ore settimanali.
L’esperimento fatto in Islanda che ha ridotto da 40 a 35/36 le ore di lavoro per 2’500 lavoratori per 4 anni (dal 2015 al 2019) è stato estremamente positivo: la produttività è aumentata come pure il benessere dei lavoratori.
Insomma, per una volta riusciamo a prendere due piccioni con una fava!

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Fonte: superiorwallpapers.com