Anche nel mese di gennaio, l’inflazione in Europa ha confermato la sua tendenza, se non al ribasso, quantomeno verso una relativa stabilità. In Spagna, per esempio, l’aumento dei prezzi ha rallentato: +0,2% su base mensile e +2,9% su base annuale, rispetto al mese precedente che segnava +0,5% e +2,8%. In Germania, addirittura, si è registrata una riduzione su base mensile (-0,2%), con un incremento annuale del +2,3%. In Italia, invece, la crescita è stata dello 0,6% su base mensile e dell’1,5% su base annuale.
Anche negli Stati Uniti, dove si è osservata un’accelerazione che ha spinto a ipotizzare uno slittamento del prossimo taglio dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve, l’aumento rimane contenuto: +0,5% mensile e +3% annuale. Il quadro internazionale suggerisce dunque che l’ondata inflazionistica potrebbe presto diventare solo un ricordo.
E in Svizzera? I dati appena pubblicati mostrano che l’indice dei prezzi al consumo è diminuito dello 0,1% rispetto al mese precedente e aumentato solo dello 0,4% su base annuale. L’obiettivo di mantenere l’inflazione sotto il 2% è ampiamente raggiunto. Analizzando i beni e i servizi consumati (escludendo le assicurazioni, come quelle sanitarie, e le imposte), emerge che il prezzo dei prodotti importati è diminuito rispetto a un anno fa (-1,5%), mentre quello dei beni indigeni è aumentato dell’1%.
Tra i prodotti che hanno registrato cali significativi troviamo l’elettricità, i personal computer, i servizi alberghieri e i trasporti aerei. Su base mensile, i prezzi degli indumenti e delle calzature sono scesi grazie ai saldi stagionali.
All’opposto, si è osservato un aumento nel settore alberghiero, nel noleggio di veicoli personali e in alcuni generi alimentari. Tra questi ultimi, spiccano gli aumenti su base mensile delle patate e dei vini spumanti (entrambi quasi +12%), oltre a quelli di gelati e cioccolato. Proprio quest’ultimo è stato oggetto di una nostra recente newsletter: i dati confermano che, rispetto a gennaio 2024, il suo prezzo è aumentato del 10,5%, principalmente a causa di un’offerta ridotta per via di condizioni climatiche sfavorevoli.
L’Ufficio federale di statistica ha inoltre aggiornato la composizione del paniere dell’indice dei prezzi al consumo, il cosiddetto “carrello della spesa medio” degli svizzeri. Rispetto all’anno scorso, la spesa per quasi tutte le voci ha visto una lieve riduzione (ad esempio, i prodotti alimentari e le bevande analcoliche pesano ora per il 10,366%, contro il 10,870% dell’anno scorso). In compenso, è aumentata l’incidenza della spesa per il tempo libero e la cultura (oggi all’8,875%) e, soprattutto, quella per l’abitazione e l’energia, che è passata dal 25,254% al 27%. Un dato che non sorprende chi affronta quotidianamente i costi della vita reale.
Chi dovrà invece fare i conti con la realtà economica in modo ancora più diretto è proprio l’Ufficio federale di statistica. In questi giorni, attraverso un comunicato stampa, ha annunciato la riduzione di alcuni servizi a causa delle misure di risanamento imposte dai tagli decisi dal Parlamento. Resta da sperare che, ancora una volta, non siano i dati relativi al Canton Ticino e alla Svizzera italiana a pagare il prezzo più alto.

