I dati recenti confermano quanto già previsto: l’economia europea sta attraversando una fase di stagnazione. La crescita del PIL nel quarto trimestre è quasi nulla (+0,1%) e il quadro appare diviso. Da un lato, Germania (-0,2%), Francia (-0,1%) e Irlanda (-1,3%) registrano un calo, mentre Austria e Italia restano ferme. Dall’altro, Spagna (+0,8%), Portogallo (+1,5%) e Lituania (+0,9%) mostrano segni di vitalità, con Belgio ed Estonia in lieve crescita (+0,2% e +0,1%).
Nonostante questi dati positivi, il rallentamento delle maggiori economie europee è un segnale allarmante. Germania, Francia e Italia sono i motori dell’Unione, e un loro indebolimento rischia di avere ripercussioni più ampie, non solo sulla crescita, ma anche sull’occupazione, che mostra segnali altrettanto preoccupanti. Probabilmente è stata proprio questa situazione a spingere la BCE a tagliare i tassi d’interesse di 25 punti base, portandoli tra il 2,75% e il 3,15%.
Ma questa misura sarà sufficiente a rilanciare l’economia? Difficilmente. Il contesto globale si muove a una velocità che l’Europa fatica a seguire. Le istituzioni comunitarie mostrano lentezza e incertezza non solo nella politica monetaria, ma anche in settori strategici come la tecnologia e la transizione energetica. Il ritardo nel settore dei microchip, la dipendenza dalle big tech americane, i dubbi sulla sostenibilità delle politiche green e il mancato coordinamento sulle nuove frontiere dell’intelligenza artificiale sono solo alcuni esempi della difficoltà europea nel rispondere alle sfide del presente.
E mentre l’Europa arranca, negli Stati Uniti Donald Trump, da poco rieletto più che sulle misure economiche tradizionali (proprio in questi giorni la Federal Reserve ha rinunciato a modificare i tassi di interesse), ha puntato su una strategia basata sulle minacce di dazi. L’ultimo caso riguarda la Colombia, minacciata di tariffe al 25%, poi innalzabili al 50%, dopo il rifiuto iniziale di accogliere due voli con migranti colombiani da rimpatriare. Ma non è un episodio isolato: fin dal suo ritorno alla Casa Bianca, Trump ha sfruttato il ricatto commerciale per ottenere vantaggi non solo economici, ma soprattutto politici. E il più delle volte ha funzionato.
Quanto potrà durare questa strategia? Difficile dirlo, ma il dato certo è che gli Stati Uniti restano, e rimarranno ancora per anni, la prima potenza mondiale, mentre l’Unione Europea appare sempre più fragile e incapace di contrastare le mosse americane. Non solo sul piano economico, ma anche su quello geopolitico. Basti pensare alla Groenlandia, terra ricca di petrolio, gas naturale e terre rare, che da tempo è nei radar di Trump. Un segnale, l’ennesimo, di quanto l’Europa rischi di restare spettatrice in un mondo in continua evoluzione.
Articolo pubblicato da L’Osservatore, 01.02.2025

